Pin de Fartie
Pin de Fartie
Durata
106
Formato
Regista
Un cieco e una bambina che fissano un lago che confonde i confini dello spazio. Due attori che si incontrano come amanti per provare una vecchia opera teatrale in un paese del sud. Due anziani che vivono in un bidone della spazzatura di fronte al Congresso di quello stesso paese del sud. Un figlio in un eterno addio all’anziana madre, una pianista cieca condannata a suonare il Chiaro di luna di Beethoven, perché è l’unico pezzo che ricorda ancora a memoria. Due registi, forse responsabili di tutto ciò, che filmano treni e lune e dedicano il loro tempo a un’attività che nessuno sa se esista ancora: il cinema.
El Pampero Cine, di cui Moguillansky è co-fondatore, prosegue la sua strada di cinema innovativo e sperimentale questa volta prendendo a piena mani da quel teatro dell’assurdo che ha dato non poche ispirazioni al progetto. La pièce di Beckett viene letta, interpretata, rivoltata, tradita e omaggiata con originalità e fertilissimo sguardo, evitando il corto circuito del semplice esercizio di stile. La breve durata (decisamente un film “piccolo” considerando il minutaggio medio dei lavori migliori della casa produttrice) rischia a volte di arrivare a un accumulo di idee senza il giusto tempo per sviscerarle, ma i pregi sono in maggioranza. Laura Citarella alla produzione e Mariano Llinás come co-sceneggiatore: la sensibilità di quest’ultimo nell’uso superbo della voce narrante regala alcune delle sequenze migliori (il riassunto della vita dell’anziana cieca o l’accorato svelamento dei sentimenti degli attori mentre leggono la pièce incapaci di esplicitare le loro emozioni). Ma anche le scene musicali restano impresse: bella la colonna sonora di Maxi Prietto, che interpreta il commentatore cantante, e memorabile la “danza” padre-figlia del pre-finale.