Poesia che mi guardi
Durata
50
Formato
Regista
Marina Spada approfondisce l'opera della poetessa italiana Antonia Pozzi (1912-1938) attraverso l'incontro di Maria (Elena Ghiaurov) con alcuni giovani appartenenti al Gruppo H5N1, i quali si propongono come poeti di strada, appendendo i loro lavori sui muri delle città. La regista attraversa i luoghi dove ha vissuto la giovane poetessa: Milano, le montagne, Chiaravalle, cercando di collocare la sua vita e le sue opere nello spazio e nel tempo.
Marina Spada sviluppa un lavoro tra documentario e opera di finzione che si muove su tre livelli: il primo è costituito dalla vita della poetessa; il secondo dalla lettura delle sue opere, accompagnate dalle immagini scattate dalla Pozzi; il terzo dalle figure dei tre componenti del Gruppo H5N1, che si lasciano affascinare dalla vita della poetessa, provando a rispondere agli interrogativi sollevati dalla sua vita, oltre a notare le differenze nell'approccio alla poesia tra ieri e oggi. Il documentario sviluppa un punto di vista interessante, lasciando volutamente molti interrogativi senza risposta e offrendo un ritratto intimo e delicato di una donna sensibile e acuta. Dal punto di vista estetico, però, è ben poca cosa e appare anche eccessivamente compiaciuto e di difficile fruizione. Il titolo è tratto da un verso di Preghiera alla poesia di Antonia Pozzi.
Marina Spada sviluppa un lavoro tra documentario e opera di finzione che si muove su tre livelli: il primo è costituito dalla vita della poetessa; il secondo dalla lettura delle sue opere, accompagnate dalle immagini scattate dalla Pozzi; il terzo dalle figure dei tre componenti del Gruppo H5N1, che si lasciano affascinare dalla vita della poetessa, provando a rispondere agli interrogativi sollevati dalla sua vita, oltre a notare le differenze nell'approccio alla poesia tra ieri e oggi. Il documentario sviluppa un punto di vista interessante, lasciando volutamente molti interrogativi senza risposta e offrendo un ritratto intimo e delicato di una donna sensibile e acuta. Dal punto di vista estetico, però, è ben poca cosa e appare anche eccessivamente compiaciuto e di difficile fruizione. Il titolo è tratto da un verso di Preghiera alla poesia di Antonia Pozzi.