Il Tempio dell'Amore è una comune hippy piuttosto disorganizzata, atta a far condividere l'amore e il dolore tra i poveri e i malati, ma è in mezzo alla sporcizia e con le continue minacce del mondo esterno a incombere.

Il moldavo Artour Aristakisyan ha vissuto in delle comuni simili al Tempio dell'Amore prima di descriverne i riti e la routine nel suo secondo, angosciante, lungometraggio. Opera colma d'umanità fino allo stremo, drammatica oltre ogni misura e di forte impatto emotivo, eccede in simbolismi cristologici al fine di rendere ancora più destabilizzanti le disturbanti immagini di poesia pseudo-neorealista che l'autore inanella una dopo l'altra senza pietà, a voler comporre una serie di inquadrature inequivocabilmente funeree. Immagini che possiedono uno scopo preciso, oltre all'istanza, verrebbe da dire ideologica, di istruire lo spettatore sull'amore, spingendolo lodevolmente al di là del luogo comune e dell'interesse privato e inducendolo a riflettere sull'essenza e la natura del sentimento, sulla sua dimensione collettiva, su quanto può essere misero ogni particolare, soprattutto il più terribile.
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