Anni Cinquanta. Alla morte del padre, Niccolo “Mac” Vitelli (John Turturro) convince i fratelli minori Vico (Michael Badalucco) e Bruno (Carl Capotorto) a fondare una propria impresa di costruzioni. Il piano va in porto ma ben presto il perfezionismo del primogenito diventa materia di discordia.

Il primo film diretto dall'attore Turturro recupera le radici e i racconti orali della tradizione dell'autore di Brooklyn, un aspetto che contraddistinguerà poi la sua carriera futura come regista. La sincerità della storia e l'approccio personale per un argomento che pare uscito dalle vene stesse del suo autore finiscono per far passare in secondo piano alcuni difetti veniali (schematismo tra i personaggi, tendenza all'esposizione didascalica, nostalgia spicciola): nonostante le imperfezioni, infatti, è difficile non emozionarsi di fronte a questo toccante omaggio che Turturro fa alla figura del padre carpentiere e a una generazione a cavallo tra Italia e America che ha lasciato la sua eredità anche sui figli integrati. In questo senso, il film allarga anche il discorso al resto degli immigrati europei (i polacchi) come espressione di un unico grande processo di adattamento. La scelta dei fratelli e di Mac di rendersi indipendenti è un confronto diretto con l'american dream di tanto cinema statunitense, ma l'occhio di Turturro è capace di raccontarne anche le crepe, speculari per altro a un sistema familiare forse non del tutto coeso. Sentito e interessante. Caméra d'or per la miglior opera prima al Festival di Cannes.
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