Elisabetta I (Jenny Runacre) fa leva sulla magia dell'alchimista John Dee (Richard O'Brien) per guardare il futuro del suo paese in anticipo. Ciò che vedrà, un delirio all'insegna della violenza della ribellione giovanile, non offre certo alcuna ragione per dormire sonni tranquilli.

Opera febbrile e anarcoide ma inevitabilmente arruffata e datata, quella di Derek Jarman è un'altra provocazione all'insegna del ribellismo e dello sfregio, dell'iperrealismo esasperato e privo di compromessi, che intende chiaramente caricarsi sulle spalle tutta l'ansia giovanile e sociale del periodo e riversarla sullo spettatore nella forma di un conato d'odio che non conosce mediazioni. Ma si tratta anche di un film che ha come filo conduttore principale la caotica vitalità nel far coesistere e nel fare duellare gli stimoli e i modelli di riferimento più disparati, specie alla luce del fatto che a Jarman la sensibilità artistica e la vocazione alla composizione pittorica non mancavano di certo. Il regista ha un indubbio talento, ma l'amalgama è tanto sulfurea e impazzita quanto irrisolta e inutilmente affastellata. Nonostante i difetti invadenti e le fastidiose e strumentali sgradevolezze rimane il violento, sia nei modi che nella sostanza, manifesto di un'epoca, che non può non essere tirato in ballo quando si parla di punk e di blank generation (generazione vuota).
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