Il racconto dei racconti
Durata
128
Formato
Regista
Tre episodi tratti dal libro di fiabe di Giambattista Basile: La regina, La pulce e Le due vecchie. Nella prima, una regina (Salma Hayek) vuole a tutti i costi avere un figlio e non esita a mangiare un cuore di drago per restare incinta; nella seconda, un re (Toby Jones) alleva una pulce fino a fargli raggiungere delle dimensioni considerevoli; nella terza, un sovrano erotomane (Vincent Cassel) si invaghisce di una donna sentendola cantare, ma non si tratta di una giovane aggraziata e avvenente, come lui crede, bensì di una vecchia raggrinzita.
A partire da una raccolta di favole poco nota e firmata da uno scrittore barocco del Seicento napoletano, definito da Italo Calvino «un deforme Shakespeare partenopeo», Matteo Garrone realizza un fantasy primitivo e affascinante, imbevuto di riferimenti colti (i Capricci di Goya, ma anche il Pier Paolo Pasolini delle tragedie greche) e girato con la consueta, smagliante grazia pittorica, che in questo caso si traduce in un approccio alle immagini tanto aulico e lirico, quanto materialistico e deforme. Una polarità che da sempre anima il cinema del regista romano, tanto da poter essere considerata uno dei pilastri del suo universo espressivo: basti pensare al modo in cui l'ossessione per la fama e l'evasione onirica si sovrapponevano nel precedente Reality (2012), oppure ai toni metafisici e fiabeschi utilizzati per raccontare ambienti oscuri e sotterranei come quelli di L'imbalsamatore (2002) e Gomorra (2008). Forte di un'impeccabile confezione e produzione internazionale e del vitale contributo del direttore della fotografia Peter Suschitzky, Garrone si carica sulle spalle la sfida coraggiosa e titanica di sottrarre l'immaginario e gli archetipi delle fiabe all'usura degli stereotipi, non riuscendo a dominare totalmente l'operazione: in più di un'occasione, il film perde colore e si ingrigisce, s'immobilizza e gira a vuoto, suggerendo l'idea di un'imbalsamazione narrativa che pare come schiacciata dal peso di gravose ambizioni. Nonostante questo, Il racconto dei racconti rimane comunque una fantasmagoria visiva originale e inclassificabile, che trasuda libertà espressiva e si concede allo spettatore in tutta la sua meravigliosa, aliena e anticonvenzionale bellezza. Musiche di Alexandre Desplat e grande lavoro sulle location italiane. In concorso al Festival di Cannes 2015. Sette David di Donatello, tra cui quello alla miglior regia.
A partire da una raccolta di favole poco nota e firmata da uno scrittore barocco del Seicento napoletano, definito da Italo Calvino «un deforme Shakespeare partenopeo», Matteo Garrone realizza un fantasy primitivo e affascinante, imbevuto di riferimenti colti (i Capricci di Goya, ma anche il Pier Paolo Pasolini delle tragedie greche) e girato con la consueta, smagliante grazia pittorica, che in questo caso si traduce in un approccio alle immagini tanto aulico e lirico, quanto materialistico e deforme. Una polarità che da sempre anima il cinema del regista romano, tanto da poter essere considerata uno dei pilastri del suo universo espressivo: basti pensare al modo in cui l'ossessione per la fama e l'evasione onirica si sovrapponevano nel precedente Reality (2012), oppure ai toni metafisici e fiabeschi utilizzati per raccontare ambienti oscuri e sotterranei come quelli di L'imbalsamatore (2002) e Gomorra (2008). Forte di un'impeccabile confezione e produzione internazionale e del vitale contributo del direttore della fotografia Peter Suschitzky, Garrone si carica sulle spalle la sfida coraggiosa e titanica di sottrarre l'immaginario e gli archetipi delle fiabe all'usura degli stereotipi, non riuscendo a dominare totalmente l'operazione: in più di un'occasione, il film perde colore e si ingrigisce, s'immobilizza e gira a vuoto, suggerendo l'idea di un'imbalsamazione narrativa che pare come schiacciata dal peso di gravose ambizioni. Nonostante questo, Il racconto dei racconti rimane comunque una fantasmagoria visiva originale e inclassificabile, che trasuda libertà espressiva e si concede allo spettatore in tutta la sua meravigliosa, aliena e anticonvenzionale bellezza. Musiche di Alexandre Desplat e grande lavoro sulle location italiane. In concorso al Festival di Cannes 2015. Sette David di Donatello, tra cui quello alla miglior regia.