Due cugini albanesi immigrati in Italia, Gheni e Gherti (Llazar Sota e Julian Sota), lavorano in un ristorante romano e sono domiciliati presso Corrado (Corrado Sassi), un fotografo pariolino. Il carattere intemperante del secondo cozzerà con le diverse attitudini del primo, allontanandoli.

Alla prima esperienza con un lungometraggio narrativo dopo il film a episodi Terra di mezzo (1996), Matteo Garrone dimostra di non padroneggiare ancora quasi per nulla i requisiti base per una costruzione drammaturgica anche solo accettabile, assestandosi su risultati poco più che amatoriali. La fame documentaristica dell'opera precedente, altrettanto sfilacciata e priva di equilibrio, è la stessa, ma la debolezza di sguardo è se possibile ancor più marcata, fiaccamente al servizio di un esperimento sociale cui manca semplicemente il terreno sotto i piedi e in cui la fusione tra fiction e non fiction si traduce in un ibrido assolutamente non pervenuto. Il Garrone degli esordi è un lontanissimo parente del regista che verrà, ed è davvero difficile intravedere il suo talento da questi primi tentativi all'insegna di un approssimazione sgrammaticata, sciatta e acerba da tutti i punti di vista. Dalla pellicola successiva, Estate romana (2000), subentrerà come co-sceneggiatore Massimo Gaudioso.
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