Due uomini di mezza età, amici e colleghi spazzacamini (Thorbjørn Harr e Jan Gunnar Røise), si confidano alcune esperienze di cui sono stati protagonisti che mettono in discussione la percezione di sé e dei propri desideri. Il primo deve fare i conti con degli interrogativi sull’identità di genere che trascendono un suo sogno ricorrente, il secondo con una crisi matrimoniale che diventa presto fonte di domande identitarie. 

Sex è il primo capitolo della trilogia sui rapporti umani del norvegese Dag Johan Haugerud: un film spiazzante in cui l’autore ragiona sul desiderio, più che sessuale, identitario e di autoaffermazione, dentro e fuori la coppia come nucleo fondativo della società, in sequenze sempre più introspettive e psicanalitiche. Haugerud non si accontenta di illustrare l’impatto di queste due esperienze sull’individualità dei protagonisti, ma allarga gradualmente il campo della riflessione alle mogli e alle famiglie per farne un discorso sempre più analitico e collettivo che finisce per citare il lavoro di Hanna Arendt sui totalitarismi. Le inquadrature fisse e il ritmo cadenzato rischiano di risultare elementi troppo scolastici, seppur scandiscano i momenti di questa riflessione, sempre estremamente dialogata, che ingaggia un confronto attivo e serrato tra gli interlocutori e il pubblico. Haugerud non ha timore di guardare in profondità e scava senza vergogna proprio là dove risiedono i tabù, sfogliando gli strati di conformismo depositati dalla società e dalle sue convenzioni e instaurando una comunicazione profonda e sincera tra i protagonisti. I suoi sono personaggi sono trasformati da un’epifania di libertà e si guardano con altri occhi, sperimentando emozioni nuove e dolorose. Sex sembra un piccolo compendio di educazione civica, che senza pretese didascaliche e con onestà disarmante guarda alla società (norvegese e non solo) in evoluzione – anche attraverso le immagini di una città, Oslo, con palazzi e autostrade in costruzione – chiedendo di porsi all’ascolto dell’altro. Peccato che ci siano alcuni momenti di stanca e un ritmo altalenante, ma Haugerud ha talento e lo dimostrerà soprattutto con il terzo capitolo della trilogia, Dreams.



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