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Song One
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Durata
86
Formato
Regista
Franny (Anne Hathaway) torna negli Stati Uniti per aiutare la madre (Mary Steenburgen:) ad accudire il fratello (Ben Rosenfield), in coma in seguito ad un incidente. Nel corso della permanenza inizia una relazione con James (Johnny Flynn), il cantante preferito del fratello.
Un debutto alla regia sommesso quello di Kate Barker-Froyland che propone una storia delicata ma dalle forti componenti emozionali. La scelta di Anne Hathaway, reduce dal premio Oscar vinto nel 2013, è in linea con questo tono elegiaco che caratterizza regia e scenografia e la sua fragile protagonista, sottoposta a una sgradita prova che la costringe a tornare a casa, è il perfetto cuore ferito su cui si regge la sceneggiatura. Alle impalabili tensioni familiari e alle taciute riflessioni dei personaggi corrispondono canzoni dolci, ma mai stucchevoli, e melodie sussurrate che contribuiscono a entrare nel mood di una storia dolorosamente sincera ma dalle derive incerte. Infatti, la medietà del tono generale rende tutto eccessivamente leggero: i dialoghi sono pochi, manca un vero e proprio conflitto e di conseguenza non si raggiunge alcun’acme drammatico. Sebbene la goffaggine dei timidi amanti e il dispiacere per la giovinezza stroncata senza ragione apparente siano elementi validi e sfiorati con discrezione, tutto risulta piatto, nebuloso e il finale conferma la scelta di lasciare molto (troppo) nell’implicito.
Un debutto alla regia sommesso quello di Kate Barker-Froyland che propone una storia delicata ma dalle forti componenti emozionali. La scelta di Anne Hathaway, reduce dal premio Oscar vinto nel 2013, è in linea con questo tono elegiaco che caratterizza regia e scenografia e la sua fragile protagonista, sottoposta a una sgradita prova che la costringe a tornare a casa, è il perfetto cuore ferito su cui si regge la sceneggiatura. Alle impalabili tensioni familiari e alle taciute riflessioni dei personaggi corrispondono canzoni dolci, ma mai stucchevoli, e melodie sussurrate che contribuiscono a entrare nel mood di una storia dolorosamente sincera ma dalle derive incerte. Infatti, la medietà del tono generale rende tutto eccessivamente leggero: i dialoghi sono pochi, manca un vero e proprio conflitto e di conseguenza non si raggiunge alcun’acme drammatico. Sebbene la goffaggine dei timidi amanti e il dispiacere per la giovinezza stroncata senza ragione apparente siano elementi validi e sfiorati con discrezione, tutto risulta piatto, nebuloso e il finale conferma la scelta di lasciare molto (troppo) nell’implicito.
