
Sotto il sole di Satana
Sous le soleil de Satan
Durata
97
Formato
Regista
Donissan (Gérard Depardieu), giovane prete in crisi mistica, intraprende un viaggio a piedi per un compito parrocchiale; nel suo cammino incontrerà la reincarnazione di Satana in un mercante di cavalli e lo spirito di Mouchette (Sandrine Bonnaire), una ragazza colpevole di un omicidio passionale. L'incontro consegnerà a Donissan una nuova e oscura consapevolezza.
Tratto dall'omonimo romanzo di Georges Bernanos del 1926, Sotto il sole di Satana è con tutte le probabilità il film più discusso e importante della carriera di Maurice Pialat. Distaccandosi solo apparentemente dal quotidiano terreno di cui ha solitamente trattato, il regista francese entra in un'inesplorata dimensione spirituale e filosofica (più che religiosa), affidando a Depardieu, ormai suo "doppio" eletto, il conflitto tra sacro e sacrilego. Insieme allo stesso Pialat, che interpreta il vicario superiore Menou-Segrais, e a Sandrine Bonnaire, conturbante e sibillina nei panni della Mouchette di bressoniana memoria, Donissan/Depardieu incarna l'inadeguatezza sofferta propria della condizione umana, lacerata nella tentazione mefistofelica (da una fede cieca e ostinata). In poche e lunghe sequenze, travisate da ellissi indefinite e improvvisi cambi di scenario, Pialat riscrive laicamente la crisi dell'abate di Bernanos, senza perderne la prosa letteraria e pungente, con il suo riconoscibile gesto cinematografico, che qui si fa ancora più solenne, aspirando a Dreyer. Fotografia lunare di Willy Kurant. Quando vinse la contestata Palma d'oro al Festival di Cannes, ai fischi il regista francese rispose: «Se non vi piaccio sappiate che neanche voi piacete a me».
Tratto dall'omonimo romanzo di Georges Bernanos del 1926, Sotto il sole di Satana è con tutte le probabilità il film più discusso e importante della carriera di Maurice Pialat. Distaccandosi solo apparentemente dal quotidiano terreno di cui ha solitamente trattato, il regista francese entra in un'inesplorata dimensione spirituale e filosofica (più che religiosa), affidando a Depardieu, ormai suo "doppio" eletto, il conflitto tra sacro e sacrilego. Insieme allo stesso Pialat, che interpreta il vicario superiore Menou-Segrais, e a Sandrine Bonnaire, conturbante e sibillina nei panni della Mouchette di bressoniana memoria, Donissan/Depardieu incarna l'inadeguatezza sofferta propria della condizione umana, lacerata nella tentazione mefistofelica (da una fede cieca e ostinata). In poche e lunghe sequenze, travisate da ellissi indefinite e improvvisi cambi di scenario, Pialat riscrive laicamente la crisi dell'abate di Bernanos, senza perderne la prosa letteraria e pungente, con il suo riconoscibile gesto cinematografico, che qui si fa ancora più solenne, aspirando a Dreyer. Fotografia lunare di Willy Kurant. Quando vinse la contestata Palma d'oro al Festival di Cannes, ai fischi il regista francese rispose: «Se non vi piaccio sappiate che neanche voi piacete a me».