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Hets
Durata
101
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Regista
Jan-Erik Widgren (Alf Kjellin), studente intimorito e afflitto dal professore di latino (Stig Järrel), soprannominato Caligola per la sua crudeltà, si innamora della bella e misteriosa Bertha (Mai Zetterling). Scoprirà che la ragazza è vittima di molestie e che il persecutore è proprio il suo odiato docente: tragedia in agguato.
Tratto da una sceneggiatura dell'esordiente Ingmar Bergman, un dramma cupo e disturbante diretto da Alf Sjöberg, che attacca frontalmente il rigido sistema scolastico attraverso l'inquietante figura di Caligola, educatore dai tratti luciferini impegnato a umiliare, più che a formare, i propri allievi. Evidente, nelle intenzioni autoriali, un sottotesto di matrice politica, con la denuncia di ogni forma di totalitarismo metaforizzata dal respingente ritratto della quotidianità in aula e riconducibile al movimento nazista che aveva imperato durante gli anni Quaranta; il che aumenta lo sgomento nei confronti del temibile professore, spiccatamente ariano nell'aspetto e dittatoriale nelle modalità di comportamento. Ma l'impianto sociologico è solo un tassello del complesso mosaico orchestrato da Sjöberg, il quale esalta l'ambiguità dell'opera, innervata da un senso strisciante di perversione e ossessione, tramite la claustrofobia della rappresentazione, con spazi chiusi e soffocanti e una straordinaria fotografia pastosa (firmata da Martin Bodin): metafore cristalline dell'interiorità dissociata dei personaggi. Stile rigoroso, caratterizzazioni da manuale tratteggiate con sobria essenzialità, inquietanti chiaroscuri (formali e strutturali) in cui il lato maligno dell'essere umano sembra prendere vita: un'opera strabiliante nella sua estrema e sfumata complessità, dominata da una cupa desolazione e rischiarata soltanto nello splendido finale, sorta di preludio a una rinascita morale ed emozionale. Memorabile la sequenza, in odore di espressionismo, sulla rampa di scale, durante la quale Bertha e Jan-Erik sono minacciati dall'ombra fagocitante di Caligola. Grand Prix alla prima edizione del Festival di Cannes.
Tratto da una sceneggiatura dell'esordiente Ingmar Bergman, un dramma cupo e disturbante diretto da Alf Sjöberg, che attacca frontalmente il rigido sistema scolastico attraverso l'inquietante figura di Caligola, educatore dai tratti luciferini impegnato a umiliare, più che a formare, i propri allievi. Evidente, nelle intenzioni autoriali, un sottotesto di matrice politica, con la denuncia di ogni forma di totalitarismo metaforizzata dal respingente ritratto della quotidianità in aula e riconducibile al movimento nazista che aveva imperato durante gli anni Quaranta; il che aumenta lo sgomento nei confronti del temibile professore, spiccatamente ariano nell'aspetto e dittatoriale nelle modalità di comportamento. Ma l'impianto sociologico è solo un tassello del complesso mosaico orchestrato da Sjöberg, il quale esalta l'ambiguità dell'opera, innervata da un senso strisciante di perversione e ossessione, tramite la claustrofobia della rappresentazione, con spazi chiusi e soffocanti e una straordinaria fotografia pastosa (firmata da Martin Bodin): metafore cristalline dell'interiorità dissociata dei personaggi. Stile rigoroso, caratterizzazioni da manuale tratteggiate con sobria essenzialità, inquietanti chiaroscuri (formali e strutturali) in cui il lato maligno dell'essere umano sembra prendere vita: un'opera strabiliante nella sua estrema e sfumata complessità, dominata da una cupa desolazione e rischiarata soltanto nello splendido finale, sorta di preludio a una rinascita morale ed emozionale. Memorabile la sequenza, in odore di espressionismo, sulla rampa di scale, durante la quale Bertha e Jan-Erik sono minacciati dall'ombra fagocitante di Caligola. Grand Prix alla prima edizione del Festival di Cannes.
