Baby Doll (Emily Browning) è stata ingiustamente accusata della morte di sua sorella. Il patrigno, vero colpevole dell'omicidio, la farà internare in manicomio per farla lobotomizzare: l'obiettivo dell'uomo è quello di mettere le mani sull'eredità che la madre delle due ragazze aveva lasciato loro prima di morire.

Aperto da un incipit di grande fascino, scandito unicamente dalle note (rivisitate) di Sweet Dreams degli Eurythmics, Sucker Punch rimane presto vittima dello stile sopra le righe di Zack Snyder: alcuni interessanti virtuosismi tecnici lasciano spazio a un apparato figurativo pacchiano, debordante e ben poco raffinato. Peccato, perché il soggetto di partenza era interessante (a differenza della sceneggiatura, in netto calo col passare dei minuti) e avrebbe potuto dare adito a una pellicola suggestiva e intrigante. Una tipica “occasione persa”, in cui il regista non ha saputo tenere a freno le sue, decisamente eccessive, ambizioni.
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