
Ten Minutes Older: The Cello
Ten Minutes Older: The Cello
Durata
146
Formato
In cortometraggi di 10 minuti ciascuno, otto cineasti di tutto il mondo riflettono sul significato del tempo. Introduce questa seconda raccolta (la prima è Ten Minutes Older: The Trumpet) una citazione della mitologia Vishnu. Il violoncello di Claudio Bohòrquez su una partitura di Paul Englishby raccorda i diversi filmati.
Occorre superare i primi tre cortometraggi per imbattersi in qualcosa di interessante. Nel primo (Histoire d'eaux), firmato da un poco ispirato Bernardo Bertolucci, un immigrato giunto in Italia per lavoro incontra la donna della sua vita. Il secondo (About Time 2), dell'inglese Mike Figgis, è un delirante pezzo di videoarte tanto ostico quanto inutile. Il terzo (One Moment), del ceco Jiri Menzel, è un montaggio di spezzoni di film dell'attore Rudolf Hrušínský, pressoché ignoto in Italia ma molto famoso in patria. Il livello comincia a risollevarsi con il corto dell'ungherese Istvan Szabò (Ten minutes after), intensa incursione nell'intimità domestica di una coppia sconvolta da un tragico incidente. Semplice ma intelligente il cortometraggio di Claire Denis (Vers Nancy), una disquisizione filosofica tra professore e alunna sullo status dell'immigrato, a bordo di un treno. Buoni, se non ottimi, gli ultimi tre cortometraggi. Acuto e ironico quello di Volker Schlondorff (The Enlightenment), in cui il pensiero di Sant'Agostino è colto dal punto di vista di un sorprendente piccolo filosofo volante. Ottimo il cortometraggio dell'inglese Michael Radford (Addicted to the Stars), un vero film in miniatura sulla relatività del tempo nel futuro dei viaggi spaziali. Conclude la rassegna lo sguardo del maestro Jean-Luc Godard: nel suo Dans le noir du temps riluce l'implacabile genialità di un cineasta che non ha mai smesso di interrogarsi sull'essenza del linguaggio cinematografico. Presentato a Venezia nel 2002.
Occorre superare i primi tre cortometraggi per imbattersi in qualcosa di interessante. Nel primo (Histoire d'eaux), firmato da un poco ispirato Bernardo Bertolucci, un immigrato giunto in Italia per lavoro incontra la donna della sua vita. Il secondo (About Time 2), dell'inglese Mike Figgis, è un delirante pezzo di videoarte tanto ostico quanto inutile. Il terzo (One Moment), del ceco Jiri Menzel, è un montaggio di spezzoni di film dell'attore Rudolf Hrušínský, pressoché ignoto in Italia ma molto famoso in patria. Il livello comincia a risollevarsi con il corto dell'ungherese Istvan Szabò (Ten minutes after), intensa incursione nell'intimità domestica di una coppia sconvolta da un tragico incidente. Semplice ma intelligente il cortometraggio di Claire Denis (Vers Nancy), una disquisizione filosofica tra professore e alunna sullo status dell'immigrato, a bordo di un treno. Buoni, se non ottimi, gli ultimi tre cortometraggi. Acuto e ironico quello di Volker Schlondorff (The Enlightenment), in cui il pensiero di Sant'Agostino è colto dal punto di vista di un sorprendente piccolo filosofo volante. Ottimo il cortometraggio dell'inglese Michael Radford (Addicted to the Stars), un vero film in miniatura sulla relatività del tempo nel futuro dei viaggi spaziali. Conclude la rassegna lo sguardo del maestro Jean-Luc Godard: nel suo Dans le noir du temps riluce l'implacabile genialità di un cineasta che non ha mai smesso di interrogarsi sull'essenza del linguaggio cinematografico. Presentato a Venezia nel 2002.