Il traditore tipo
Our Kind of Traitor
Durata
107
Formato
Regista
Durante una vacanza a Marrakech, gli inglesi Perry (Ewan McGregor) e Gail (Naomie Harris) fanno amicizia con un appariscente e carismatico uomo d'affari russo di nome Dima (Stellan Skarsgård), che si rivela essere un boss del riciclaggio di denaro appartenente alla mafia russa. La coppia accetta di aiutare Dima a fornire informazioni confidenziali ai servizi segreti inglesi, ritrovandosi così coinvolta nel mondo dello spionaggio politico internazionale.
Tratto da un noto romanzo di John Le Carré, Il traditore tipo è un classico spy-movie, con protagonista un uomo comune – in questo caso un professore universitario – che si ritrova invischiato in un complotto più grande di lui. Sarà la sua umanità (oppure “l’onore”, come ripete Dima) a portarlo ad aiutare un uomo e una famiglia che non conosce. Brioso e dotato di una serie di spunti interessanti nelle prime battute, il film segue traiettorie eccessivamente consolidate nella seconda parte, vittima di qualche passaggio scontato e di alcuni cali di ritmo di troppo. Susanna White, al suo secondo lungometraggio dopo Tata Matilda e il grande botto (2010), dimostra però di avere mano discreta, sa come gestire i tempi di montaggio e dirige senza sbavature un gruppo di attori affiatato: avrebbe potuto rischiare un po’ di più, ma della sua messinscena ci si può accontentare. Peccato, invece, per qualche passaggio narrativo troppo forzato e poco credibile, pensato unicamente per indirizzare il copione verso i binari desiderati.
Tratto da un noto romanzo di John Le Carré, Il traditore tipo è un classico spy-movie, con protagonista un uomo comune – in questo caso un professore universitario – che si ritrova invischiato in un complotto più grande di lui. Sarà la sua umanità (oppure “l’onore”, come ripete Dima) a portarlo ad aiutare un uomo e una famiglia che non conosce. Brioso e dotato di una serie di spunti interessanti nelle prime battute, il film segue traiettorie eccessivamente consolidate nella seconda parte, vittima di qualche passaggio scontato e di alcuni cali di ritmo di troppo. Susanna White, al suo secondo lungometraggio dopo Tata Matilda e il grande botto (2010), dimostra però di avere mano discreta, sa come gestire i tempi di montaggio e dirige senza sbavature un gruppo di attori affiatato: avrebbe potuto rischiare un po’ di più, ma della sua messinscena ci si può accontentare. Peccato, invece, per qualche passaggio narrativo troppo forzato e poco credibile, pensato unicamente per indirizzare il copione verso i binari desiderati.