Umano non umano
Durata
95
Formato
Regista
Un uomo lacera lo schermo in cui vengono proiettati spezzoni di film di Godard e di Godard stesso sul set. Un gruppo di operai dell'Apollon è in sciopero mentre la voce over ci racconta le loro storie e motivazioni. Un battito di cuore fa da colonna sonora a una straniante festa borghese, alla noia di Carmelo Bene in camera da letto con la compagna, a un uomo che crea un'opera di Land Art raffigurante una falce e martello su una collina, alle liti furiose di una coppia e alle ultime immagini degli operai in protesta. Spezzoni della rivoluzione comunista cinese e della guerra del Vietnam. Grandi dipinti classici. Keith Richards si diletta con un sintetizzatore. Mick Jagger canta "Street Fighting Man". Moravia passeggia su una spiaggia. Sandro Penna si apre a considerazioni sulla vita e legge le sue poesie.
Reperto dell'epoca che fu, l'opera di Schifano è senz'altro coerente alla sua poetica da Pop Art ma soffre decisamente il peso degli anni. La straniante dissonanza tra suono e immagini è forse memore di certo cinema di Romano Scavolini e ha un suo fascino, così come le panoramiche sull'artista di Land Art al lavoro e la sequenza della festa (anche se quest'ultima perde decisamente il confronto con quella magica di "Ritual in Transfigured Time" di Maya Deren). Ma i proclami rivoluzionari suonano inevitabilmente didascalici e retorici, la noia trasmessa da sequenze come quella con Bene diventa inevitabilmente anche quella dello spettatore e tanto le sequenze con Jagger e Richards quanto quelle d'archivio su Vietnam e Cina peccano di un'eccessiva genericità. Vale comunque una visione per ciò che trasmette dello spirito di certi artisti di quella generazione.
Reperto dell'epoca che fu, l'opera di Schifano è senz'altro coerente alla sua poetica da Pop Art ma soffre decisamente il peso degli anni. La straniante dissonanza tra suono e immagini è forse memore di certo cinema di Romano Scavolini e ha un suo fascino, così come le panoramiche sull'artista di Land Art al lavoro e la sequenza della festa (anche se quest'ultima perde decisamente il confronto con quella magica di "Ritual in Transfigured Time" di Maya Deren). Ma i proclami rivoluzionari suonano inevitabilmente didascalici e retorici, la noia trasmessa da sequenze come quella con Bene diventa inevitabilmente anche quella dello spettatore e tanto le sequenze con Jagger e Richards quanto quelle d'archivio su Vietnam e Cina peccano di un'eccessiva genericità. Vale comunque una visione per ciò che trasmette dello spirito di certi artisti di quella generazione.