Alfredo (Ray Lovelock) e Antonio (Marc Porel) sono due poliziotti romani che, con il beneplacito dei superiori, combattono la delinquenza mediante metodi violenti e poco ortodossi. La resa dei conti tra le forze dell'ordine e il boss del gioco d'azzardo Roberto Pasquini (Renato Salvatori) si svolgerà senza esclusione di colpi.

Unica incursione nel genere poliziesco da parte di Ruggero Deodato, regista noto per il truce Cannibal Holocaust (1980), Uomini si nasce poliziotti si muore spicca nel fiorente panorama del genere per la compresenza di elementi disomogenei e stridenti, che lo rendono un curioso esperimento incompleto. Trama sbilanciata sul fronte dell'azione più che dell'intreccio (l'efficace sequenza di inseguimento iniziale), violenza presente ma non preponderante e un tono disincantato delineano uno strano western metropolitano, nel quale i due antieroi protagonisti cavalcano in sella alle loro motociclette. Privo di una direzione chiara e molto meno disturbante di titoli coevi quali Milano odia la polizia non può sparare (1974) di Umberto Lenzi, il film di Deodato è comunque scorrevole nelle sue imperfezioni, e risulta una variante stuzzicante in un sottogenere spesso schematico e ancorato a elementi fissi. Nobilita il cast Adolfo Celi, nel ruolo di un capitano di polizia poco avvezzo all'etica professionale. Soggetto di Alberto Marras, Vincenzo Salviani e Fernando Di Leo (anche sceneggiatore); musiche di Ubaldo Continiello. Le canzoni Maggie e Won't Take Too Long sono cantate da Ray Lovelock.
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