Per un figlio
Durata
74
Formato
Regista
In una città del nord Italia, Sunita (Kaushalya Fernando), una donna srilankese, lavora come badante di un'anziana signora per provare a offrire un futuro migliore a suo figlio adolescente (Julian Wijesekara). Tra loro però non scorre buon sangue e l'età ribelle del ragazzo di certo non agevola un riavvicinamento.
Provando a intrecciare la storia intima e privata di un rapporto generazionale decisamente instabile con la storia più universale e comune di un'integrazione culturale a tratti impossibile, Suranga D. Katugampala confeziona un film potenzialmente molto interessante ma che non riesce a vincere la sfida in cui si cimenta. Per un figlio infatti è un’opera complessa e stratificata, probabilmente fuori portata per un regista che spesso dimostra di non sapersi destreggiarsi con questa materia. Se i momenti di silenzio e tensione sono funzionali e indovinati, è proprio quando l'autore opta per una narrazione esplicita ed elementare (il legame con il seno materno, il confronto tra Sunita e l'anziana signora, il finale gratuito, la parentesi del bullismo) che il lavoro diventa privo di fascino e interesse. Lasciando largo spazio all’improvvisazione degli attori a vantaggio di una spontaneità non sempre rinvenuta, il film si basa su uno scheletro narrativo esile e piuttosto prevedibile che non restituisce al lavoro il respiro sperato e l’incisività necessaria per lasciare il segno.
Provando a intrecciare la storia intima e privata di un rapporto generazionale decisamente instabile con la storia più universale e comune di un'integrazione culturale a tratti impossibile, Suranga D. Katugampala confeziona un film potenzialmente molto interessante ma che non riesce a vincere la sfida in cui si cimenta. Per un figlio infatti è un’opera complessa e stratificata, probabilmente fuori portata per un regista che spesso dimostra di non sapersi destreggiarsi con questa materia. Se i momenti di silenzio e tensione sono funzionali e indovinati, è proprio quando l'autore opta per una narrazione esplicita ed elementare (il legame con il seno materno, il confronto tra Sunita e l'anziana signora, il finale gratuito, la parentesi del bullismo) che il lavoro diventa privo di fascino e interesse. Lasciando largo spazio all’improvvisazione degli attori a vantaggio di una spontaneità non sempre rinvenuta, il film si basa su uno scheletro narrativo esile e piuttosto prevedibile che non restituisce al lavoro il respiro sperato e l’incisività necessaria per lasciare il segno.