Vampiri all'Havana

¡Vampiros en la Havana!,

Durata

75

Formato

Regista

Cuba, anni ‘30. Pepe è un trombettista che lavora per un gruppo rivoluzionario contro la dittatura del generale Machado. È anche, a sua insaputa, un discendente di Dracula e si ritroverà ad affrontare due potenti fazioni di vampiri, in lotta per la ricetta di una formula che permetterebbe alle creature della notte di sopravvivere alla luce solare.

Nel 1965, Bruno Bozzetto fece una dissacrante parodia/omaggio al western con il suo primo lungometraggio West and Soda. Vent’anni dopo, Juan Padrón compie un’operazione simile, rileggendo in maniera comica e grottesca due generi all’apparenza serissimi: l’horror e il gangster movie. Come per il caso dell’animatore italiano, anche Padrón ovvia ai limiti di budget del suo piccolo studio con continue gag e trovate esilaranti, ma la sua operazione è un po' fuori tempo massimo risultando decisamente meno incisiva di quella del regista italiana. Nonostante alcuni passaggi sappiano di già visto, i guizzi non mancano e veniamo quindi a conoscenza di vampiri di ogni tipo: pacifici scienziati, gangster impegnati nel business delle piscine sotterranee, un’élite esclusiva che vuole capitalizzare sulla formula antisole, mutaforma presi di mira da cani randagi e chi ha ormai perso i suoi poteri e vorrebbe una tranquilla vita familiare. Le trovate per rileggere il mito sono tante e ricche d’inventiva. Ma il film è anche una allegoria del rapporto tra Cuba e le altre nazioni: il colonialismo europeo e il capitalismo statunitense da sempre vampirizzano -è il caso di dirlo- l’isola, cercando di imporre il loro dominio. È quello che fanno anche le due fazioni nemiche di Capa Nostra (mostruosi gangster di Chicago) e il gruppo europeo di antichi succhiasangue, che vogliono il monopolio sul mondo dei loro simili, usando Cuba come campo di battaglia. Il messaggio anticapitalista è evidente, ma ben lungi da essere solo sterile propaganda: il finale infatti è un divertito omaggio allo spirito rivoluzionario più sincero, attraverso la condivisione e la musica. Quest’ultima è l’altra grande protagonista del film, che con ritmi tradizionali e influenze jazz (la straordinaria tromba di Arturo Sandoval) tratteggia con grande efficacia l’amalgama di culture rappresentato da Cuba stessa. Una pellicola che è di assoluto culto in patria, e che andrebbe riscoperta anche altrove.
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