Dopo la separazione da Francesca (Tosca D'Aquino), Giacomino (Jerry Calà) torna a vivere da solo in un vecchio loft sui Navigli. Riabituarsi alla routine da scapolo non sarà facile.

Solito, pietoso tentativo da parte di Jerry Calà di far rivivere i tempi che furono confezionando un raffazzonato seguito del successo Vado a vivere da solo (1982), esordio alla regia di Marco Risi, in cui il comico interpretava un ventiseienne alle prese con l'emancipazione dalla famiglia. Oltre alla patetica e consueta autocelebrazione come simbolo del divertimento spensierato e del tombeur des femmes dalla simpatia (?) irresistibile, Calà prova a mettere in campo uno spaesato Enzo Iacchetti, nel ruolo dell'amico gay, e un improbabile Don Johnson, doppiato malissimo con effetti grotteschi. La regia è imbarazzante (le vedute di Milano sembrano tratte da un video promozionale dell'ufficio turistico), così come gli arrancanti tentativi di stare al passo coi tempi (omosessualità, transessualità e problemi dell'adolescenza vengono sparpagliati con la irrispettosa superficialità tipica dell'opera di Calà) e la direzione attoriale. Tra i momenti più trash, la visita alla casa arredata con gadget erotici e l'“allenamento” al lavandino. Musiche di Umberto Smaila e partecipazione (lacrimevole) di Paolo Villaggio nel ruolo del padre di Giacomino.
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