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Da Biancaneve a Elsa: l’evoluzione femminile nei Classici Disney
Attraverso le sue favole, la Walt Disney Animation ha da sempre delineato un percorso capace di raccontare la contemporaneità: l’esempio più eclatante rimane When You Wish Upon a Star, la canzone (premiata con l’Oscar e da anni tema del logo Disney) di Pinocchio, che nel 1940 aveva l’intento di parlare alla popolazione mondiale in piena guerra, invitando a sperare in un futuro migliore. In questo mosaico storico/cinematografico trovano uno spazio privilegiato le Principesse, tra i personaggi più amati dei Classici, vere e proprie figure iconiche entrate nell’immaginario collettivo e che, a ben osservare, sono un vero e proprio specchio della società a loro contemporanea. Proprio a partire da Biancaneve e i sette nani, il primo Classico:.

«Il fischio è un elisir 
che fa ringiovanir
e fa tornare a cuor
il buonumore anche nel lavor»



Dopo essere stata graziata dal cacciatore, che la invita a fuggire lontano dal castello, la giovane Biancaneve attraversa la sua personale selva oscura – un simbolico omaggio a Dante Alighieri in quella che sicuramente è una delle sequenze più inquietanti e cupe dell’intera opera – e dopo esserne fisicamente uscita è pronta per affrontare la sua vita in maniera indipendente. La ragazza trova una casetta immersa nel verde e, timorosa, entra, seguita dagli animali della foresta: dopo aver notato che l’abitazione è molto sporca e disordinata decide di riordinarla, di fare le pulizie. E sarà quello il suo ruolo, quantomeno nel suo immaginario: cucinare, lavare e prendersi cura della casa e dei bambini (non sa ancora che si tratta di nani) che ci abitano. Un ruolo non troppo differente da quello che Wendy rappresenta per Peter Pan a distanza di 16 anni: una mamma che deve raccontare le favole ai bimbi sperduti, rammendare i vestiti e occuparsi del nascondiglio segreto.



Non solo Biancaneve e Wendy, anche Cenerentola (1950) rientra in questo discorso, in quanto il suo compito in casa è fare le pulizie e servire, obbligata dalla matrigna e dalle sue sorellastre, senza mai realmente provare a ribellarsi e rendersi davvero indipendente: «I sogni son desideri di felicità», ma solo se arriva un aiuto dall’esterno, che sia magico o di un principe salvifico. Con Cenerentola e Biancaneve (lasciando da parte Wendy), salta all’occhio un altro elemento fondamentale, che permette di coinvolgere quella che, a tutti gli effetti, può essere definita la Principessa Disney per eccellenza: Aurora, protagonista di La bella addormentata nel bosco.



Cos’hanno in comune queste tre ragazze? Tutte bellissime, di nobile famiglia, ma soprattutto dipinte come ingenue e in attesa di un principe che le salvi da una situazione per loro impossibile da gestire da sole: non è un caso che due su tre siano letteralmente riportate in vita dal “bacio del vero amore”, mentre Cenerentola è liberata dalla schiavitù domestica grazie all’intervento del principe e della Fata Smemorina. In questo periodo storico (Disney e non) è l’uomo che deve prendere in mano le redini del loro destino e condurle alla salvezza, che si tratti del bacio del vero amore o della testardaggine nel cercare la proprietaria di una scarpetta di cristallo. Con queste considerazioni non si sta muovendo alcuna critica alla Disney, anzi, i Classici dimostrano di essere un perfetto specchio di realtà, in cui a cavallo tra gli anni ’30 e gli anni ‘60/’70 l’idea diffusa rispetto alle donne è che fossero delle creature delicate, deboli, incapaci di prendersi cura di loro stesse e totalmente dipendenti dalla presenza maschile. Inutile dire che la situazione a livello sociale si è giustamente evoluta nel corso del ‘900, anche nei Classici, e questo aspetto risalta maggiormente dal 1989 in poi, quando ha inizio il cosiddetto Rinascimento Disney, per poi arrivare ad una contemporaneità dove i ruoli sembrano quasi ribaltarsi.

«Non sono più una bambina, io ho già sedici anni!» 

 

Protagonista di La Sirenetta, Ariel è la figlia prediletta di Re Tritone e in fondo al mar può avere tutto ciò che vuole. Eppure. Ariel è qualcosa di più di questo: è un’adolescente inquieta, che mostra in maniera evidente la ribellione verso la figura paterna e le regole, spinta dal desiderio di costruirsi un’identità propria. Questo passaggio avviene attraverso l’amore, che rimane superficiale come negli esempi precedenti: alla giovane basta dare un primo sguardo al principe Eric per capire di esserne innamorata e in tal senso non siamo tanto distanti da quanto avveniva con Biancaneve, Cenerentola o Aurora. Per dirla in altro modo: l’idea del principe azzurro salvifico e del colpo di fulmine non è ancora del tutto tramontata. Inoltre, ed è un dettaglio tutt’altro che secondario, Ariel decide di rivolgersi a Ursula, la strega del mare, per poter coronare il suo sogno d’amore ed è disposta a perdere la voce per questo: è evidente che anche simbolicamente questo sia un gesto non trascurabile in ottica di emancipazione femminile. Il fiabesco bacio del vero amore tarda ad arrivare, ma anche in questo caso è Eric a dover sconfiggere la mostruosa strega: tuttavia, il cambiamento in relazione alle principesse, è evidente, e bisogna aspettare solo un anno per una vera rivoluzione, che parte da un libro.

«Vuoi questo?! Ma lo hai già letto due volte!»
«È il mio preferito! Posti esotici, intrepidi duelli, incantesimi, un principe misterioso!»
 

Il passo decisivo verso l’emancipazione avviene con una giovane ragazza francese, la prima Disney a non essere principessa di nascita: Belle. Figlia di un inventore ritenuto pazzo nel paesino in cui vive e guardata con sospetto da tutte le ragazze, in particolare per due ragione: è l’unica a rifiutare le avances di Gaston e, soprattutto, legge. È la prima volta che viene mostrata una ragazza acculturata, in grado di sognare mondi lontani perché li ha conosciuti grazie all’inchiostro delle pagine che ha divorato nel corso degli anni, storie che le hanno aperto la mente e le hanno permesso di forgiare una personalità molto forte. Al punto che inizialmente decide di sacrificare la sua libertà per salvare la vita a suo padre per poi innamorarsi della Bestia, andando oltre le apparenze, riuscendo quindi a cancellare dalla tradizione dei Classici tre elementi fino a questo momento fondanti per le protagoniste femminili: il sangue blu, la necessità di essere salvate, l’amore a prima vista.   

«Io non sono un trofeo da vincere»
 

Nel 1992 la Disney si sposta in Oriente, più precisamente nelle Notti d’Oriente, e con Jasmine si arriva alla definitiva conferma di una rotta ormai cambiata per quanto riguarda le figure femminili: la figlia del sultano che rifiuta ogni pretendente alla sua mano perché vuole che il suo matrimonio sia frutto dell’amore, del vero amore. Per farlo va contro alle leggi di Agrabah (facendole cambiare, nel finale), fugge da palazzo e finisce per innamorarsi di un giovane squattrinato che vive alla giornata, un diamante allo stato grezzo: Aladdin. Tutt’altro che ingenua, quando il ragazzo si presenta a palazzo come Alì Ababua, lei nota che c’è qualcosa di strano e quando sente suo padre, Jafar e lo stesso Aladdin parlare di lei e del suo futuro la reazione è carica di rabbia, orgoglio e amor proprio: «Come osate? [...] Io non sono un trofeo da vincere». A tal proposito, viene spontaneo un collegamento con una principessa che arriverà a distanza di 20 anni, capace di competere per la sua mano in una gara di tiro con l’arco, trionfando, in una delle sequenze più iconiche di Ribelle – The Brave.

«E sarai un uomo vero senza timore...»

 
Al termine del Rinascimento arriva nelle sale Mulan, che cancella in modo definitivo l’idea della principessa che dipende dalla figura maschile per essere salvata. Mulan, infatti, non solo salva se stessa dal ruolo moglie per il quale inizia ad essere educata, ma la Cina, e per farlo inganna un esercito intero facendo credere a tutti di essere un uomo, un soldato: Ping.  

«Ogni sogno può avverarsi, credici anche tu
Continua a lavorare ed otterrai di più
Il lavoro è duro ma prima o poi potrai avere quel che vuoi
Farò a modo mio, chi decide sono io»

 
Il testo di A un passo dai miei sogni, tema di La principessa e il ranocchio, è quantomai significativo. Infatti, l’idea del sogno che può avverarsi si distacca da I sogni son desideri benché uno sguardo alla celeberrima stella non manchi. La differenza la si trova nelle parole successive, ovvero l’idea di una donna che si sente padrona delle proprie decisioni e che può essere in grado di plasmare il suo futuro solo in un modo: lavorando e facendo fatica. Non è un caso che il sogno illusorio di una stella capace di portare l’amore sia lasciato alla vera principessa del film, mentre Tiana è una cameriera che progetta di aprire un ristorante ed è a questo obiettivo che sono finalizzati i suoi sacrifici: una donna imprenditrice, indipendente, che trova un amore tutt’altro che a prima vista e che, nel finale, non esita a prendere martello e chiodi per sistemare l’edificio che poi diventerà il suo locale, nel quale non smetterà mai di lavorare. 

«Let It Go»

 
L’ultimo passo di questo cammino di emancipazione è sicuramente Frozen – Il regno di ghiaccio. La protagonista, Elsa, è una principessa (e poi regina) che decide di isolarsi dopo aver rischiato di fare del male a sua sorella Anna con il potere congelante delle sue mani: dono e maledizione, bene e male convivono in una figura femminile mai sfaccettata come in questo racconto tratto da La regina delle nevi di Andersen. Inoltre è interessante notare come la storia d’amore esista, ma in questo caso ad esserne protagonista è Anna, la sorella minore della regina e in ogni caso è una dimensione che passa quasi in secondo piano. Non serve un principe, e questo viene esplicitato nel finale, dove l’atto di vero amore non è un intervento risolutore del principe e neanche una formula magica lanciata da un personaggio esterno: è un abbraccio tra sorelle, un elemento a suo modo rivoluzionario, nuova tappa di un percorso iniziato nel 1937.

Lorenzo Bianchi

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