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Far East Film Festival 24 – Il racconto della settima giornata: Terrorizers e Missing addolciscono il forfait di Kitano
Il Far East Film Festival si avvicina al Kitano Day senza Kitano. Il poliedrico maestro del cinema giapponese ha dovuto rinunciare al viaggio in Italia per motivi personali, ma sarà comunque collegato online dal Giappone per accettare il Golden Mulberry alla carriera. Sicuramente una delusione per le centinaia di fan che hanno mandato in crash la biglietteria del Teatro Nuovo, ma sorprese del genere sono purtroppo ancora all'ordine del giorno in un mondo ancora alle prese con l'emergenza da Covid. La notizia della mancata partecipazione in presenza di Kitano non ha però scoraggiato gli spettatori del festival dal riempire le sale per la settima giornata della kermesse, che ha regalato diverse sorprese e titoli interessanti. Andiamo a vederli.

COMPETIZIONE

La giornata si apre con Legendary in Action!, omaggio al cinema di Hong Kong e alla fatica del fare cinema. Protagonista del film è Bill "Tiger" Cheung, talentuoso regista che dai festival è passato a ridurre spot pruriginosi, interpretato da Justin Cheung (già apprezzato attore, qui all'esordio alla regia). Bill si è innamorato del cinema guardando i grandi film wuxia del passato, e in particolare la serie Seven-Star Sword del suo eroe Master Dragon (Chen Kuan-tai, esperto interprete di produzioni Shaw Brothers come Crippled Avengers e Human Lanterns). Quando a Tiger viene presentata l'opportunità di girare un film wuxia low-budget, per giunta con Dragon protagonista, il regista la coglie al volo; ma la lavorazione del film si dimostrerà ancora più difficile di quello che pensasse. Legendary in Action! si propone sia come riflessione sullo stato del cinema di Hong Kong che come omaggio ai grandi film di "cappa e spada" del passato. Cheung, come il personaggio che interpreta, si dedica anima e corpo al film, che ha sicuramente cuore; ma la costruzione didascalica e "furbetta", e la riproposta di situazioni già viste in film che omaggiano l'arte del filmmaking, non permettono al film di connettere fino in fondo col pubblico (che gli ha tributato forse l'applauso più timido finora ndr). Il confronto con l'altro film "cinefilo" in gara, Leonor Will Never Die, è ingeneroso, non solo a livello qualitativo ma anche per quanto riguarda le scene di ricostruzione dei film dell'epoca (la resa dell'estetica wuxia e del vhs è dozzinale). Climax del film è un discorso motivazionale di Cheung sulla necessità di credere nel cinema di Hong Kong; ma film come Legendary in Action! purtroppo fanno ben poco per risollevarlo. La parte migliore del film sono i titoli di coda, che offrono uno sguardo interessante al dietro le quinte.


Premiato come miglior film al Shanghai Int’l Film Festival 2021, Manchurian Tiger è sin dall'incipit incontrovertibilmente un film di Geng Jun, noto per le sue black comedies ambientate nella natia Hegang. Il film vede al suo centro Xu Dong (interpretato da Zhang Yu) , ispirato ad un amico che Jun incontrò durante un Capodanno cinese, che, mentre tutti viaggiavano per andare a trovare la famiglia, è in viaggio per andare a vendicare la morte del suo cane. Di lavoro fa il macchinista in miniera e, con una moglie incinta, una casa confortevole, un cane lupo come compagno e un poeta surreale come amico, coltiva anche un’inquietudine profonda che lo spinge a tradire continuamente la moglie Mei Ling (interpretata da Ma Li). Tragicommedia più che black comedy, la "manchurian tiger" a cui allude il titolo, animale in pericolo d’estinzione che nel film ha una valenza principalmente metaforica, sintetizza il senso stesso dell'operazione: ognuno di noi è come la tigre, tutti prigionieri, soprattutto di noi stessi, ed è molto pericoloso abbandonare la gabbia.

Tratto da un romanzo di Ma Boyong, Schemes in Antiques, l’ultima incursione di Derek Kwok nel campo dei blockbuster, scorre per due ore con un mix di stili che variano dal thriller all’avventura d’azione e altro ancora. All’inizio, l’insospettabile competenza di Xu Yuan emerge durante una gara per l’identificazione di oggetti d’antiquariato, alla quale viene riservato un trattamento cinematografico importante, tra riprese in picchiata, raffinati effetti speciali e una partitura orchestrale in crescendo. Ma il film nel complesso può risultare eccessivamente denso: una serie di colpi di scena si susseguono dall’inizio alla fine, e costringono gli spettatori a stare sempre concentrati per non rischiare di perdere momenti chiave della spiegazione. In Schemes in Antiques ciò che emerge sono dei loschi imbroglioni e un immenso enigma. L’azione, che si svolge nella Cina continentale degli anni Novanta, è incentrata su un ubriacone malandato che viene lanciato alla vorticosa ricerca di un oggetto d’arte scomparso. Nella corsa sfrenata di Derek Kwok l’interpretazione di Lei Jiayin è davvero piacevole: all’inizio è un cialtrone, prima di un improvviso cambio nel senso della raffinatezza più avanti nel film; e Xin Zhilei aggiunge una nota spensierata al suo fianco. Ai due protagonisti si affianca poi Ge You, che porta una presenza comica e misteriosa. Chi ha visto i primi film di Kwok si accorgerà che stavolta nel cast non ci sono volti hongkonghesi: nella scelta degli attori, nel materiale originale e nell’atmosfera generale, Schemes in Antiques sembra proprio un film nello stile della Cina continentale. 

Vincitore del premio del pubblico all'ultimo festival di Tokyo, Just Remembering, del giovane ma prolifico Daigo Matsui, è il racconto a ritroso di un amore finito, quello tra l'ex ballerino Teruo, costretto a ritirarsi a causa di un infortunio, e della tassista Yo. La storia dei due protagonisti viene raccontata percorrendo all'indietro i diversi 26 luglio della coppia, giorno del compleanno di Teruo, cercando di trovare nei momenti più felici i germi che hanno portato alla loro rottura. "Jarmusch! Jarmusch everywhere!": potremmo usare il celebre meme tratto da Toy Story per descrivere questo lungo omaggio al regista americano. Nel video introduttivo Matsui indossa fieramente una maglietta di Night on Earth (aka Taxisti di notte), film del 1991 in cui Jarmusch raccontava, attraverso gli occhi dei tassisti, diverse notti nel mondo. Jarmusch è citato esplicitamente (e allo sfinimento) in Just Remembering, a partire dalla protagonista, omaggio al personaggio di Winona Ryder in Night on Earth, per arrivare ai poster e videocassette del film nell'appartamento di Teruo. C'è anche un personaggio interpretato da Masatoshi Nagase, attore amato da Jarmusch e già visto al festival nel superiore Noise. Sebbene le scene di Yo in taxi vorrebbero ricreare il mood di Night on Earth, Just Remembering, nella sua calma e riflessività, è più vicino a lavori maturi del regista come Broken Flowers o Paterson. La struttura narrativa è ambiziosa, ma lo spostamento a ritroso nel tempo non ha quell'impatto che il regista vorrebbe ottenere. La chimica tra i personaggi, inoltre, risente sia della ricostruzione a ritroso della love story che del fatto che i due non sono mai veramente credibili come amanti.


La sorpresa di giornata è senza dubbio Missing, il primo film commerciale di Katayama Shinzo, già assistente alla regia del maestro coreano Bong Joon-ho. Il film ha senza dubbio vibes dai suoi lavori come Memories of Murder, senza raggiungerne la qualità né l'incisività della critica sociale, ma dicendo comunque cose interessanti. Una coproduzione Corea-Giappone che convince e che ci porta all'interno di un'ambientazione atipica e lontana da contesti più cosmopoliti come Tokyo (Osaka è la città natale del regista). La vicenda è incentrata sull’imperturbabile Harada Satoshi (Sato Jiro), un tempo gestore di un club di ping pong e ora disoccupato e depresso, e Kaede (Ito Aoi), la sua coraggiosa figlia adoloscente che all’inizio del film accorre in aiuto del padre che è stato beccato a rubare in un negozio. Dopo che la figlia è riuscita a farlo rilasciare, Satoshi le racconta di aver visto un serial killer sulla cui testa pende una taglia di tre milioni di yen ($26.000). Una simile cifra risolverebbe i loro problemi economici, ma il giorno successivo Satoshi scompare misteriosamente e Kaede va a cercarlo insieme a un compagno di classe (Ishii Shotaro) che insiste fastidiosamente affinché lei diventi la sua ragazza. Ecco quindi tre linee narrative dedicate ai tre personaggi principali intrecciarsi dando vita a tre diversi registri: il mystery è legato alla figlia, la black comedy nerissima alla Sion Sono al killer e infine il crime drama alla Coen al padre. Ciliegina sulla torta il bel finale con una partita di ping pong fantasma tra padre e figlia: un rimando alla linea sottile tra bene e male, giusto e sbagliato che sostiene tutto il film e che ci sorprende con una insperata forza.  

A livello elementare, il conflitto che costituisce il cuore di Kingmaker è l’annosa domanda: il fine giustifica i mezzi? Kim Woon-bum (interpretato in modo brillante da Sul Kyung-gu, che era anche stato il protagonista del primo grande successo del regista Byun The Merciless) riconosce un fondamento di verità e decide di far entrare lo stratega nella sua squadra. I successi elettorali arrivano subito, ma si percepisce anche una tensione crescente. Il cambiamento nel rapporto tra questi due uomini nel corso del tempo è il nucleo centrale del film. Kingmaker è un film ambizioso, e la sua scenografia e fotografia lo dimostrano. Lo spettatore segue la scalata al successo di Kim Woon-bum nel corso di un decennio, e i diversi spazi in cui lui si muove e le sfide che lui supera sono descritti nei minimi dettagli. La nomina di Kim al congresso del suo partito nel 1971 è quasi un film a sé, organizzato con un impressionante senso del dramma e della misura. Nel frattempo, e per tutto lo sviluppo della storia, il film continua a porre al suo pubblico domande sulla natura del potere e degli ideali. Kingmaker è un vivace affresco di un’epoca passata che ha anche molto da dire sulla politica e gli uomini politici del presente.

FUORI COMPETIZIONE


Gli affezionati del cinema Visionario hanno come al solito potuto assistere a proiezioni ad hoc e più in linea con il pubblico cinefilo, con proposte come il noir neorealista Slingshot, dell'apprezzato regista filippino Brillante Mendoza, e il classico action The Heroic Trio del maestro di Hong Kong, Johnnie To. Terrorizers di Ho Wi-ding, invece, del classico porta solo l'ambizioso titolo, quello del capolavoro di Edward Yang, pietra miliare della new wave taiwanese. Come il suo omonimo del 1986, Terrorizers racconta le storie di un gruppo di giovani nella Taipei contemporanea. Leitmotiv del film è la mancanza di autentica connessione tra le persone e l'effetto del mondo virtuale (videogiochi, pornografia, chat) su quello reale, esplicitato nel personaggio di Ming-liang (Austin Lin). Sebbene non sia esplicitamente un “film sulla pandemia”, il messaggio di Terrorizers sulle pericolose conseguenze del consumo eccessivo dei mezzi di comunicazione calza a pennello: il film mostra come la nostra illimitata ossessione per i media digitali alteri la psiche quando siamo più vulnerabili, al punto da creare una distorsione tossica e contorta del mondo che ci circonda. Sfortunatamente, Edward Yang non è vissuto abbastanza da assistere all’ascesa dell’era digitale, ma il rispettoso omaggio di Ho dà un’idea abbastanza buona di come il maestro avrebbe potuto interpretare il mondo di oggi. 

A cura di Marco Lovisato e Andrea Valmori 
Maximal Interjector
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