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I dieci film preferiti di Béla Tarr

In occasione del nostro prima webinar dedicato a Béla Tarr, ripercorriamo insieme una classifica pubblicata da The Film Stage, in cui vengono svelati i dieci film preferiti del regista. Con la speranza, così, di poter intuire la sua visione del mondo.

Di seguito, la top ten di Béla Tarr:

Aleksandr Nevskij (1938) di Sergej Michajlovič Ejzenstejn: mirabile saggio di messa in scena cinematografica, che raggiunge il suo apice nella straordinaria e trascinante sequenza della battaglia lunga ben 37 minuti (ovvero un terzo dell'intera durata del film).


Au hasard Balthazar (1966) di Robert Bresson: una delle più alte testimonianze artistiche nella storia del cinema. Racconto di struggente intensità in grado di unire il severo rigore del minimalismo stilistico a uno sguardo di toccante umanità, che diventa straziante testimonianza della cieca crudeltà dell'uomo e del carico di patimenti a cui si è sottoposti nella vita terrena.


Berlin Alexanderplatz (1980) di Rainer Werner Fassbinder: dall'omonimo romanzo di Alfred Döblin, una miniserie televisiva in tredici capitoli, più un epilogo, che Fassbinder trasse da un testo letterario per lui fondamentale fin dall'adolescenza.


Frenzy (1972) di Alfred Hitchcock: thriller ad alta tensione, fluido e ricco di interessanti dettagli psicologi sulle ragioni che spingono il maniaco omicida a uccidere, moderno nella rappresentazione della violenza (elemento tutto sommato insolito nella filmografia hitchcockiana), più esplicito, crudo e spiazzante.


M – Il mostro di Düsseldorf (1931) di Fritz Lang: ispirandosi ai delitti commessi dai due serial killer Fritz Haarmann e Peter Kürten, Fritz Lang firma il suo primo film sonoro riuscendo a combinare alla perfezione le potenzialità del nuovo mezzo con una costruzione immaginifica che si rifà al cinema muto.


L'uomo con la macchina da presa (1929) di Dziga Vertov: «Lo scopo di questa opera sperimentale è quello di creare un linguaggio cinematografico assoluto e universale, completamente libero dal linguaggio del teatro e della letteratura». Sono queste le parole pronunciate dallo stesso Vertov a proposito del suo capolavoro L'uomo con la macchina da presa, uno dei capisaldi più rilevanti di tutti i tempi nella storia del cinema nonché una delle tappe più avanzate, specie in rapporto ai suoi tempi, della forma-cinema.


La passione di Giovanna d'Arco (1928) di Carl Theodor Dreyer: unanimemente considerato non solo un capolavoro della storia del cinema, ma anche una delle vette più alte della produzione artistica di tutto il Novecento.


I disperati di Sandor (1966) di Miklós Jancsó: potente e implacabile film con cui l'ungherese Miklós Jancsó si presentò alla notorietà internazionale, mostrandosi come un autore rigoroso ed elegante, debitore di certe tendenze della Nouvelle Vague, rilette in chiave assolutamente personale.


Viaggio a Tokyo (1953) di Yasujirō Ozu: considerato uno dei massimi capolavori della storia del cinema mondiale, Viaggio a Tokyo è una pietra miliare assoluta e senza tempo, alle cui origini vi sono le ferite del Giappone post-bellico.


Questa è la mia vita (1962) di Jean-Luc Godard: dodici quadri per raccontare uno dei personaggi più intensi della prima metà degli anni Sessanta.

Fonte: The Film Stage

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