Angels of Revolution
Angely revolyutsii
Durata
113
Formato
Regista
A Polina (Darya Ekamasova), ex militante della Rivoluzione d'Ottobre, viene affidato un ruolo di assoluto rilievo: dovrà persuadere gli abitanti dell'Unione Sovietica settentrionale a venire annessi all'ideologia comunista. Un'operazione non facile, per via di un sincretismo culturale e religioso ancora irrisolto e ben lontano dal potersi dire realizzato.
Dopo Silent Souls (2010) e Spose Celesti dei Mari della Pianura (2012), il regista Aleksej FedorÄenko, tra le voci più interessanti del cinema russo della sua generazione, affronta di petto la storia del suo paese. Lo fa attraverso un film che riflette in modo rigoroso sulla vessazione delle minoranze come nodo centrale di qualsiasi discorso sull'unificazione nazionale, sondando le diverse anime, anche le più controverse, della Russia comunista. Un'opera che parla di colonizzazione culturale proponendo una riflessione sull'immagine che è tutta formale: FedorÄenko mette in piedi una messa in scena che è infatti aperta e problematica, quasi metalinguistica, spalancata alle contaminazioni col teatro. Il risultato è spesso sorprendente, ma si rischia l'irrigidimento manierista e, in più di un'occasione, si sguazza in un gusto esasperato per la composizione. A ogni modo, Angels of Revolution, resta un valido esempio di come riflettere in modo etico sulle origini di un popolo dal punto di vista antropologico e identitario. Peccato per un finale non all'altezza e troppo bozzettistico.
Dopo Silent Souls (2010) e Spose Celesti dei Mari della Pianura (2012), il regista Aleksej FedorÄenko, tra le voci più interessanti del cinema russo della sua generazione, affronta di petto la storia del suo paese. Lo fa attraverso un film che riflette in modo rigoroso sulla vessazione delle minoranze come nodo centrale di qualsiasi discorso sull'unificazione nazionale, sondando le diverse anime, anche le più controverse, della Russia comunista. Un'opera che parla di colonizzazione culturale proponendo una riflessione sull'immagine che è tutta formale: FedorÄenko mette in piedi una messa in scena che è infatti aperta e problematica, quasi metalinguistica, spalancata alle contaminazioni col teatro. Il risultato è spesso sorprendente, ma si rischia l'irrigidimento manierista e, in più di un'occasione, si sguazza in un gusto esasperato per la composizione. A ogni modo, Angels of Revolution, resta un valido esempio di come riflettere in modo etico sulle origini di un popolo dal punto di vista antropologico e identitario. Peccato per un finale non all'altezza e troppo bozzettistico.