Rainy Dog
GokudÅ kuroshakai
Durata
95
Formato
Regista
Il sicario giapponese Yuuji (ShÅ Aikawa) conduce un'esistenza solitaria e malinconica sognando di scappare da Taipei ma, in realtà, è vincolato a un boss locale che lo costringe a lavorare per lui. Un giorno una donna giunge alla sua porta lasciandogli Chen (Jianqin He), un bambino muto che gli presenta come suo figlio. Ai due si aggiunge ben presto Lili (Xianmei Chen), una prostituta cinese che si lega a Yuuji. I tre vagheggiano di fuggire insieme ma alcuni uomini in cerca di vendetta sono sulle tracce di Yuuji.
Per il secondo film della trilogia kuroshakai (iniziata con Shinjuku Triad Society del 1995 e conclusa con Ley Lines del 1999) Takashi Miike sceglie di raccontare una storia più intimista e sposta l'ambientazione dall'abituale Giappone all'isola di Taiwan. Nasce così uno dei suoi lavori più pessimisti e disperati, un noir che procede in maniera dimessa e disincantata al passo con i suoi tre protagonisti, veri reietti e cani randagi che sognano di fuggire e si immaginano come una famiglia. Se l'abituale ironia del regista non trova qui spazio, cedendo il posto a una cupa malinconia (sottolineata dall'incessante pioggia che ogni volta immobilizza letteralmente Yuji), nella seconda parte del film fanno capolino alcuni momenti di leggerezza e speranza destinati a spegnersi in un tragico finale. Più vicino al noir che allo yakuza-eiga (a partire dalla figura del protagonista, un killer silenzioso e solitario debitore di una lunga tradizione cinematografica che va da Jean-Pierre Melville a Luc Besson) Miike lavora qui più sulle atmosfere che sull'intreccio facendo emergere, a volte in maniera un po' troppo forzata e insistita, una disperazione avvolgente e insormontabile. È il film che inaugura il lungo sodalizio fra ShŠAikawa e Takashi Miike.
Per il secondo film della trilogia kuroshakai (iniziata con Shinjuku Triad Society del 1995 e conclusa con Ley Lines del 1999) Takashi Miike sceglie di raccontare una storia più intimista e sposta l'ambientazione dall'abituale Giappone all'isola di Taiwan. Nasce così uno dei suoi lavori più pessimisti e disperati, un noir che procede in maniera dimessa e disincantata al passo con i suoi tre protagonisti, veri reietti e cani randagi che sognano di fuggire e si immaginano come una famiglia. Se l'abituale ironia del regista non trova qui spazio, cedendo il posto a una cupa malinconia (sottolineata dall'incessante pioggia che ogni volta immobilizza letteralmente Yuji), nella seconda parte del film fanno capolino alcuni momenti di leggerezza e speranza destinati a spegnersi in un tragico finale. Più vicino al noir che allo yakuza-eiga (a partire dalla figura del protagonista, un killer silenzioso e solitario debitore di una lunga tradizione cinematografica che va da Jean-Pierre Melville a Luc Besson) Miike lavora qui più sulle atmosfere che sull'intreccio facendo emergere, a volte in maniera un po' troppo forzata e insistita, una disperazione avvolgente e insormontabile. È il film che inaugura il lungo sodalizio fra ShŠAikawa e Takashi Miike.