Gli ultimi tre anni di vita del poeta inglese John Keats (Ben Whishaw), prematuramente scomparso nel 1821 a soli venticinque anni. Scosso dalle tragedie famigliari, prima della malattia troverà uno spiraglio di luce nell'amore per la sua musa Fanny Brawne (Abbie Cornish).

L'ottavo lungometraggio di Jane Campion è un lucido (melo)dramma raffreddato, perfettamente in linea con la poetica dell'autrice che, non a caso, mette al centro della vicenda la figura femminile di Fanny Brawne. Un'opera sull'arte e sull'amore, dal respiro letterario ma anche dal rigoroso impianto cinematografico: oltre alle parole colte, conta la potenza delle immagini (come sempre nella Campion), che permette ai sentimenti di manifestarsi sullo schermo. Un film romantico in senso stretto, capace di rispecchiare quel Romanticismo di cui Keats fu uno dei più significativi esponenti. Dietro alle emozioni, appena sussurrate, si nasconde un tumultuoso prisma di pulsioni inconfessate. Non un'ombra di maniera, in quello che poteva essere un biopic come tanti. Il ricorso a soluzioni non convenzionali appare a volte forzato e la narrazione poco fluida, ma la tenuta stilistica rimane impeccabile. Il titolo è tratto da un sonetto di Keats dal titolo Bright star, would I were steadfast as thou art. Presentato in concorso al Festival di Cannes.


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