L'adolescente obesa Sweetie (Geneviève Lemon), con più di un problema mentale, vive in una famiglia ben poco ordinaria. A farle compagnia, nel sui allucinati deliri, la sorella sessuofoba Kay (Karen Colston).

L'opera seconda (ma la prima per il grande schermo) di Jane Campion è un ritratto di famiglia disfunzionale tra il tragico e il grottesco, in cui la totale adesione della regista agli stralunati personaggi rende la vicenda un racconto pulsante e genuino come la vita. Non un'ombra di provocazione gratuita, ma solo la voglia di mettersi in gioco con viscerale entusiasmo e notevole padronanza del mezzo cinematografico. Eccentrici amplessi, danze tra cowboy, liti, ossessioni e un clima di ordinaria follia al di là di qualsiasi convenzione (hollywoodiana). La Campion dà già prova di essere un'autrice di razza, interessata qui ai contrasti, alle pulsioni primitive e ai sentimenti scarnificati di un gruppo di "ultimi" più che allo sviluppo narrativo. Ma il mix di registri può risultare indigesto e si sente la mancanza di un soggetto forte attorno a cui ricreare un racconto omogeneo. Presentato in concorso al Festival di Cannes.


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