Una coppia in crisi – lei (Jane Fonda) una giornalista americana, lui (Yves Montand) un cineasta – vengono coinvolti nello sciopero di una fabbrica: per la precisione, un salumificio.

Diretto da Jean-Luc Godard e Jean-Pierre Gorin, è l'ultimo lavoro del cosiddetto “gruppo Dziga Vertov”, collettivo militante di cui il regista di Fino all'ultimo respiro (1960) è stato il massimo esponente. Il paradosso è abbastanza evidente: un cast di attori celebri in un film di stampo marxista. Una sorta di “Love Story sulla lotta di classe”, parafrasando le parole dello stesso Godard. Non tutti i membri del collettivo, che in quegli anni si stava sciogliendo, furono d'accordo nel realizzarlo (era un po' come ridursi a “rientrare nel sistema”), ma i fondi non bastavano più e il film fu una sorta di ultima spiaggia. Godard sembra crederci ancora, il messaggio è chiaro ma l'andamento della pellicola è scolastico e non vengono dati troppi spunti di riflessione. L'idea era anticonvenzionale e impegnata, il risultato innocuo e poco appassionante.
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