Il barone Ottone degli Ulivi (Totò), per pagare una cambiale protestata ed evitare la galera, cerca di estorcere i soldi all'avaro fratello (Peppino De Filippo), spacciando una ballerina (Delia Scala) per una figlia ritrovata. Ne scaturiranno una serie di equivoci.

Il soggetto viene dalla commedia Paparino di Dino Falconi, autore di teatro e sceneggiatore che scrisse più volte per Totò. Il film mostra apertamente la sua origine scenica e si riallaccia a un modo di fare cinema (e teatro) che rimanda all'età giolittiana della storia: sono questi i due punti forti su cui regge l'intero impianto narrativo e comico, particolarmente felici non solo per la bravura degli interpreti (Totò e Peppino ormai collaudatissimi nelle loro improvvisazioni e capaci di inglobare con naturalezza la Scala e l'immancabile “servo” Croccolo), ma anche per il rutilante avvicendarsi di situazioni e imprevisti nella più pura tradizione della farsa. Totò gioca in casa, recuperando armi e tattiche da rivista, e portando sullo schermo per la prima e unica volta, se escludiamo la leggera coloritura di Galeazzo in Totò Diabolicus (1962), una figura che farà poi scuola e imitatori: il nobile caricaturale che parla e si muove con toni affettati. Gustosissimo l'incipit animato, che declina il tema della pellicola (lo scontro tra fratelli) attraverso un divertente excursus storico.
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