Il diario di un curato di campagna

Journal d'un curé de campagne

Anno

Paese

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Durata

115

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Regista

Ambricourt, campagna francese. Il giovane prete del paese (Claude Laydu), appena uscito dal seminario, intende ispirare la sua azione pastorale allo spirito del Vangelo. Riversa i propri pensieri e i propri dubbi religiosi su un diario, confrontandosi con una realtà molto più ostile di quanto potesse pensare. Per cercare di dare un senso al proprio percorso di vita terrena, prima che il cancro lo divori, saranno fondamentali l'incontro con l'energico curato di Torcy (André Guibert) e la frequentazione del sordido ambiente del castello di un conte (Jean Riveyre).



Tratto dall'omonimo romanzo (1936) di Georges Bernanos, uno dei film più importanti sulla condizione sacerdotale che, ponendo lancinanti interrogativi sul messaggio cristiano e l'accettazione del volere divino, è in grado di portare a profonde riflessioni sia i più fervidi credenti sia, in egual misura, coloro che si professano estranei al credo religioso. Bresson raggiunge una ineguagliabile purezza cinematografica che punta all'umile austerità dei dettami evangelici attraverso una parabola umanissima nella sua rigorosa spiritualità: gravato dallo straziante peso del silenzio di Dio, il curato è alla continua ricerca di risposte, di compassione e tenerezza. La sua devozione totale non è esente da dubbi su una inadeguatezza personale che può essere sconfitta solo da un supremo atto di Fede, sostenuto dai piccoli gesti quotidiani e dal sacrificio per il prossimo. Un quadro rurale di composta suggestione, con lo spettro della morte che si allunga su dolore, sofferenza, solitudine e incomprensione. La complessità della pagina scritta è restituita minuziosamente attraverso numerose dissolvenze che frammentano la narrazione in tanti piccoli quadri di dolente bellezza, con i pensieri del protagonista che diventano una tormentata e fragile voice-off. Il sacerdote di Claude Laydu, che nel suo percorso cristologico racchiude il mistero dell'incarnazione e della Grazia divina, è un protagonista indimenticabile. Un'opera di altissimo valore artistico e morale, che influenzò anche il cinema di Ingmar Bergman. Premio internazionale, Premio OCIC e Premio per la miglior fotografia (Léonce-Henry Burel) alla Mostra del Cinema di Venezia.
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