Stati Uniti, primi anni '60. Il simpatico Bob Crane (Greg Kinnear), conduttore radiofonico di successo e uomo di spettacolo, accetta di diventare il protagonista del serial televisivo Gli eroi di Hogan (1965-1971). Sull'onda della popolarità e di una crescente dipendenza dal sesso, vedrà la sua vita privata sgretolarsi, anche a causa dell'incontro con l'ambiguo John Carpenter (Willem Dafoe), tecnico del suono che inizia Bob alle riprese video amatoriali.



Scritto dall'esordiente Michael Gerbosi (prendendosi più di una libertà) sulla base del libro Auto Focus: The Murder of Bob Crane di Robert Graysmith, il quattordicesimo lungometraggio di Paul Schrader è una parabola limpida ma poco omogenea che non è uno spaccato sociologico sui falsi miti dell'America, quanto piuttosto la sua trasfigurazione cinefila, tra avvolgenti movimenti di macchina, rifiuto del realismo nella messinscena, nostalgia per il passato e ossessione per il mezzo cinematografico stesso ("occhio che uccide" capace di unire suono e immagine). Se l'ambientazione iniziale, squisitamente anni '60, risulta il controcanto pop di una realtà deviata, i toni diventano sempre più tragici quando l'azione si sposta negli anni '70, per culminare con il ritrovamento del cadavere di Crane in una stanza d'albergo in Arizona nel 1978. Interessante il felice tocco spiritoso (la catalogazione delle tipologie di seni) che rifiuta una raffigurazione eccessivamente cupa e morbosa. Ma l'apparente candore cela amarezza, la simpatia nasconde cinismo, i colori sgargianti occultano un grigio squallore. Un processo di (auto)analisi che, nel toccare tanti spunti interessanti (il cinema che guarda se stesso, il processo di creazione artistica, virilità e repressione, ascesa e caduta individuale, volgarità del progresso), finisce per non approfondirne nessuno. Schrader, autore raffinato ed estetizzante, interessato più alla finzione cinematografica che all'oggettiva rappresentazione dei fatti, porta sullo schermo un altro grande personaggio maschile, meno profondo e disperato dei suoi precedenti, ma dalla notevole valenza metaforica. Musiche di Angelo Badalamenti, bella fotografia di Fred Murphy.
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