All'inizio degli anni Venti, spinto dall'impeto rivoluzionario, un giovane maestro (Bolot Bejšenaliev) è deciso ad aprire una scuola in un piccolo e sperduto villaggio. I vecchi proprietari terrieri locali, però, gli renderanno la vita difficile.

Primo lungometraggio diretto da Andrej KonÄalovskij, che aveva già dato buona prova di talento come sceneggiatore ne L'infanzia di Ivan (1962) di Andrej Tarkovskij. Il regista esordiente, fratello maggiore di Nikita Mikhalkov, firma un intenso dramma storico, in cui il presente dell'epoca (gli insegnamenti rivoluzionari) fatica a dialogare con un passato che non vuole abbandonare le antiche abitudini. Tanto impreparato ad affrontare la situazione quanto acceso nei suoi propositi politico-pedagogici, il personaggio principale è una figura emblematica per rappresentare metaforicamente le incertezze delle nuove ideologie, forti sulla teoria ma spesso deboli sulla pratica. KonÄalovskij non inventa niente, e il film soffre di una certa scolasticità, ma riesce ugualmente a far pensare e anche l'apparato formale non è niente male. Tratto da un racconto di ÄŚingiz Ajtmatov.
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