Dossier 137

Dossier 137

Anno

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Durata

115

Formato

Regista

Stéphanie (Léa Drucker) lavora per l’IGPN, gruppo interno alla polizia che si occupa di investigare proprio sulle azioni degli stessi poliziotti. Mentre le proteste dei gilet gialli dilagano, si troverà ad affrontare un caso solo in apparenza molto semplice da risolvere. Presto verranno a galla verità tenute nascoste in relazione a un gravissimo incidente che ha coinvolto un giovanissimo manifestante. 

C’è una didascalia che apre Dossier 137 e che diventa già una chiave di lettura importante dell’intera operazione: il film è ispirato a fatti reali, ma completamente riscritti e rielaborati. Esattamente come nel precedente La notte del 12 (2022), il regista tedesco naturalizzato francese Dominik Moll prende spunto dalla cronaca, ma senza incentrarsi su un caso specifico e preciso, così da riuscire a rendere i suoi racconti delle vicende individuali che finiscono per avere poi un sapore universale. Se nel film precedente si concentrava sull’indagine attorno alla morte di una ragazza a cui qualcuno aveva dato fuoco, dimostrando una certa inadeguatezza del corpo di polizia, in Dossier 137 arriva a mettere alla berlina la corruzione e l’impossibilità di fare giustizia all’interno di mura in cui proprio il senso di giustizia dovrebbe sempre farla da padrone. Utilizzando video di sorveglianza e riflettendo sul nostro senso di spettatori odierni (anche con qualche incisiva stoccata all’uso dei social network come forma di salvezza da un mondo esterno che non vogliamo vedere), Moll costruisce una potente panoramica sullo sguardo contemporaneo e sulla manipolazione che le immagini di oggi possono facilmente subire a seconda di come ogni individuo si rapporti a loro. Importanti anche in questo senso le sequenze finali, in cui il primo piano della vittima che sembra parlare direttamente con noi lascia poi spazio a delle immagini goliardiche girate con uno smartphone prima del grave incidente e dell’indagine che ne è scaturita. Se i contenuti sono già di prim’ordine, Moll riesce a veicolarli con un’essenzialità invidiabile e con una forza di dialoghi di notevole profondità. La scrittura, però, funziona magnificamente anche nella costruzione di un personaggio principale molto ben interpretato da Léa Drucker in uno dei ruoli più importanti della sua carriera. Entrare nell’intimità della figura di Stéphanie diventa anche un modo per comprendere il suo modo di guardare e, come sottolineato in un dialogo di rara potenza, l’umanità che c’è dentro ognuno di no o che, quantomeno, dovrebbe sempre esserci. Presentato in concorso al Festival di Cannes.


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