Fahrenheit 11/9

Fahrenheit 11/9

Anno

Paese

Usa

Generi

Durata

128

Formato

Regista

L’America ai tempi di Donald Trump, secondo Michael Moore. Il documentarista si concentra sulle elezioni del 45esimo Presidente degli Stati Uniti d’America e su altri (mis)fatti relativi a questo periodo storico.



Quattordici anni dopo Fahrenheit 9/11 (2004), Michael Moore “ribalta” le date relative all’11 settembre e si concentra su un altro momento a dir poco significativo della storia americana del nuovo millennio: il 9 novembre 2016, il giorno in cui Donald Trump è stato eletto come nuovo Presidente degli Stati Uniti. Il celebre documentarista, però, non si limita a fare un lungometraggio contro Trump (addirittura paragonato esplicitamente a Hitler, con un accostamento di immagini di uno e voce dell’altro durante un comizio), ma si concentra su numerosi casi inerenti agli anni in cui lo stesso è salito al potere. Si ricercano le cause non lesinando pesanti stoccate al Partito Democratico e alla precedente gestione di Barack Obama, ma poi si va anche oltre Trump e i suoi contendenti, dedicando ampio spazio allo scandalo dell’acqua nella città di Flint, in Michigan, dove lo stesso Moore è nato. Poi si parla della lotta per l’aumento del salario degli insegnanti della West Virginia, delle elezioni per il candidato democratico Hillary Clinton e, tra le altre cose, delle stragi scolastiche e del potere delle lobby delle armi da fuoco (argomento già al centro di uno dei lavoro migliori di Moore, Bowling for Columbine). Il film a tratti riesce indubbiamente a colpire, ma la troppa carne al fuoco rende il prodotto disorganico e spezzettato, eccessivamente dispersivo nonostante gli spunti di cui parla sono tutti (singolarmente) di forte interesse. Eccessiva anche in questo lungometraggio la mania di protagonismo di Moore e il suo parlarsi un po’ addosso quando è in scena, mentre si dimostra sempre un bravo orchestratore nel montaggio dei materiali di repertorio. Nell’ultima parte la rassegnazione lascia spazio a una speranza per il futuro relativo alle proteste dei giovani e al loro desiderio di cambiare le cose, mentre in precedenza ci sono diversi momenti ironici che fanno sorridere. Un efficace modo per stemperare una visione che racconta di una società che, guardando un film, può apparire distopica e fantascientifica (vengono in mente gli scenari della serie Black Mirror) ma che invece è la realtà. Presentato al Festival di Toronto e alla Festa del Cinema di Roma.
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