Rimasto sconvolto dal suicidio di un uomo nella metropolitana di Tokyo, il cameraman Masuoka (Shin'ya Tsukamoto) intraprende un'indagine che lo conduce fra i sotterranei della città. Incontrata in una grotta una ragazza nuda e incapace di parlare (Tomomi Miyashita), Masuoka decide di portarla nel proprio appartamento. Scoprirà ben presto che la giovane fanciulla si nutre esclusivamente di sangue umano.

Numerosi sono gli spunti letterari – l'immaginario di H. P. Lovecraft e, più esplicitamente, A Warning to Future Man di Richard Shaver – e cinematografici – L'occhio che uccide (1960) di Michael Powell e Il cameraman e l'assassino (1992) di Belvaux, Bonzel e Poelvoorde – alla base di questo esperimento low-budget girato in digitale da Takashi Shimizu subito dopo le riprese di Ju-on: Rancore (2003). Quando lascia spazio alle atmosfere paranoiche e angosciose, il regista giapponese si dimostra a proprio agio e riesce facilmente a condurre lo spettatore negli inquietanti abissi mentali del protagonista (grazie anche al coinvolgente utilizzo della camera a mano). Il film, invece, funziona molto meno quando si invischia in rischiose riflessioni sull'atto del vedere e l'atto del filmare che suonano risapute quando non semplicemente banali.
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