Dopo il suo errare per il Mediterraneo Ulisse (Ralph Fiennes) fa ritorno ad Itaca. Non riconosce subito la terra natale, infestata dai pretendenti al trono e alla mano della regina. Penelope (Juliette Binoche), intenta a tessere e disfare la tela per posticipare la fatidica decisione, resiste alle avances predatorie dei proci, finché non si presenta a corte un mendicante reduce dalla guerra di Troia.

All’origine di tutte le storie che amiamo ce n’è una soltanto, che nei secoli non smette di affascinare i lettori, sintetizzando in un unico grande poema epico fili di storie universali che parlano di scoperta di sé, di legami familiari spezzati, di ritorno alla terra natia. Uberto Pasolini tralascia le mirabolanti avventure che hanno condotto l’astuto Ulisse in magnifici viaggi alla scoperta del mondo fino ad allora conosciuto, per guardare a quest’uomo, diventato Nessuno, nel momento di massima fragilità. Il topos del ritorno a casa dell’eroe è decostruito dall’enfasi del mito e troviamo Ulisse prostrato, ferito, nudo di fronte alla sua hybris e alla sofferenza che ha seminato dietro di sé mentre saziava la propria sete di conoscenza. La sceneggiatura si mantiene fedele al racconto omerico e ne rispetta gli snodi drammaturgici cruciali: la morte del cane Argo, il tenero riconoscimento della nutrice Euriclea (Angela Molina), la sfida di forza con i proci. Pasolini e Fiennes aggiungono al racconto la dimensione più umana del personaggio di Ulisse, che sceso dal trono di leader carismatico è un uomo alla soglia della senilità, estraneo alla sua terra e alla sua famiglia, chiamato ad affrontare battaglie ben più logoranti dell’Iliade: la vergogna e il senso di colpa per la paternità recisa. L’eco della mitologia classica risuona altisonante nell’attenzione filologica ai dettagli e nelle interpretazioni misurate dei due protagonisti, che ne fanno un dramma intimo ed emotivo, ma purtroppo il film finisce così anche per risultare troppo didascalico e vittima di una regia spesso scolastica. Anche il ritmo funziona a fasi alterne in un'operazione sulla carta molto interessante, ma che non riesce a mantenere le aspettative, soprattutto verso una conclusione in cui il coinvolgimento per ciò che vediamo rischia di diminuire quasi completamente. 
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