Mentre il palestinese E.S. (Elia Suleiman) e l'affascinante e misteriosa amante (Manal Khader) intrattengono fugaci incontri nei pressi di un checkpoint israeliano tra le città di Gerusalemme e Ramallah, la vita circostante scorre cristallizzata tra piatta normalità e atti di violenza.

Coraggiosa rappresentazione dell'anomalia connaturata al reale, attraverso una messa in scena che fa proprio dell'assurdo pervaso di distaccato humour la sua principale cifra stilistica. Il paradosso della situazione socio-politica palestinese, da decenni immutabile e ripetitiva nella sua tragicità, si traduce in un balletto che coniuga banale quotidianità, quadretti surreali che citano apertamente il Samuel Beckett di Aspettando Godot e gesti comuni caricati di significati simbolici. Un andamento silenzioso e (in)dolente, quasi privo di dialoghi, spezzato da esplosioni reali così come da deflagrazioni inattese di musica pop (la sequenza dell'arrivo dell'amante di E.S.) e visionarie sequenze in cui un addestramento di kamikaze diventa una danza coreografata. L'ironia sottile, pungente e malinconica quale arma tagliente contro una violenza reale e difficilmente raffigurabile. Un'opera di non semplice interpretazione, ostica, probante e poetica allo stesso tempo, capace di incidere ma non sempre di coinvolgere come dovrebbe. Premio della giuria al 55º Festival di Cannes.
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