Durante la Seconda guerra mondiale, alcuni partigiani italiani si rifugiano in un convento di suore di clausura per sfuggire al nemico tedesco. Queste inizialmente li respingono per poi accoglierli con freddezza, ma poco alla volta il rapporto tra i due gruppi va consolidandosi, fino all'arrivo dei nazisti.

Un giorno nella vita prende il via da una sceneggiatura solida e ben strutturata, che descrive attentamente la guerra appena trascorsa evidenziando le paure dell'essere umano di fronte a tale avvenimento, ma la regia, poco coinvolta e di conseguenza poco coinvolgente, non è all'altezza delle belle premesse. Tolta la solita, ineccepibile perizia formale (perfette le ricostruzioni d'ambiente, le interpretazioni degli attori, i tempi del montaggio), Blasetti, forse influenzato dal suo recente passato al servizio della propaganda fascista, non riesce a imprimere alla sua pellicola uno slancio più emotivo e sincero e la freddezza finisce per dominare sull'empatia, traducendosi ben presto in monotonia. Un'occasione mancata.
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