JCVD – Nessuna giustizia
JCVD
Durata
97
Formato
Regista
Jean-Claude Van Damme fa ritorno al paese natìo in Belgio per riprendersi dal momento difficile che sta caratterizzando la sua vita: non ha ottenuto l'affidamento della figlia e ormai non riesce più a farsi scritturare per nessun film. Una volta entrato nell'ufficio postale per prelevare del denaro si accorge che è in corso una rapina. I malviventi utilizzeranno l'attore come ostaggio e lo obbligheranno a fare da tramite con la polizia.
Resa dei conti per Jean-Claude Van Damme, ma questa volta non si tratta di combattimenti all'ultimo sangue: l'attore belga si scontra con la realtà e interpreta se stesso. Dopo un incipit piacevolmente autoironico, il film cambia tono offrendo all'attore belga ampio spazio per le proprie riflessioni ma, soprattutto, per una sorta di percorso di espiazione. In un'unica, estemporanea, sequenza che frantuma la quarta parete, Van Damme si rivolge al pubblico con un monologo di oltre sei minuti in cui esterna senza filtri ossessioni e rimpianti, l'abuso di droga e i matrimoni falliti, cercando l'assoluzione tramite una confessione pubblica. Il tutto è abbastanza spontaneo anche perché il regista Mabrouk El Mechri afferma che quasi un terzo delle scene sono state frutto di improvvisazioni. Nulla di trascendentale (l'andamento è incerto e non tutti i passaggi appaiono efficaci al punto giusto) ma i fan dell'attore possono accontentarsi. Indubbiamente tra i migliori lungometraggi della filmografia di Van Damme, in Italia uscito solo per home video. Presentato al Festival Internazionale del Film di Roma.
Resa dei conti per Jean-Claude Van Damme, ma questa volta non si tratta di combattimenti all'ultimo sangue: l'attore belga si scontra con la realtà e interpreta se stesso. Dopo un incipit piacevolmente autoironico, il film cambia tono offrendo all'attore belga ampio spazio per le proprie riflessioni ma, soprattutto, per una sorta di percorso di espiazione. In un'unica, estemporanea, sequenza che frantuma la quarta parete, Van Damme si rivolge al pubblico con un monologo di oltre sei minuti in cui esterna senza filtri ossessioni e rimpianti, l'abuso di droga e i matrimoni falliti, cercando l'assoluzione tramite una confessione pubblica. Il tutto è abbastanza spontaneo anche perché il regista Mabrouk El Mechri afferma che quasi un terzo delle scene sono state frutto di improvvisazioni. Nulla di trascendentale (l'andamento è incerto e non tutti i passaggi appaiono efficaci al punto giusto) ma i fan dell'attore possono accontentarsi. Indubbiamente tra i migliori lungometraggi della filmografia di Van Damme, in Italia uscito solo per home video. Presentato al Festival Internazionale del Film di Roma.