La storia vera di Isa Nudel (Liv Ullman), scienziata ebrea russa che, a causa dell'oppressione dittatoriale, vuole espatriare insieme al suo compagno e sua sorella dal regime sovietico. L'URSS concederà il via libera ai due ma non a Isa. Da quel momento comincerà l'odissea della donna che passerà anche per la prigionia in un campo di concentramento siberiano di soli uomini.

Nell'ultima parte della sua carriera, Mauro Bolognini tiene salda la vocazione al cinema d'impegno più militante e sbilanciato sul piano della presa di posizione civile. A lui e alla sua squadra di autori va sicuramente il merito di aver segnalato una storia importante, ma la resa cinematografica è discutibile, in tutto e per tutto di maniera, senza l'adeguato sviluppo di un punto di vista opportunamente tagliente o marcatamente sbilanciato sul piano dell'emozione e dell'immedesimazione. L'opera però non è nemmeno definibile neutrale, apparendo esclusivamente goffa e telefonata, stantia e polverosa nonostante alcuni elementi incandescenti che avrebbero meritato miglior sorte. Restano solo e soltanto i guizzi di Liv Ullmann, la musa bergmaniana che l'anno prima aveva lavorato con Monicelli in Speriamo che sia femmina (1986).
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