In un futuro dominato dalle zaibatsu, multinazionali senza scrupoli colluse con la yakuza, Johnny (Keanu Reeves) è un corriere capace di trasportare enormi quantità di dati in un impianto installato nel cervello. Coinvolto in un’ultima missione, entra in possesso di file segreti della Pharmakon, ma i sicari della corporation gli danno la caccia.

Dal racconto Johnny Mnemonico di William Gibson, inserito nella raccolta La notte che bruciammo Chrome; la sceneggiatura è firmata dallo stesso scrittore, ma l’imbarazzante e sgangheratissimo film di Robert Longo è la dimostrazione di quanto sia ostico trasportare sul grande schermo il complesso e visionario universo cyberpunk. Nonostante la suggestiva ambientazione distopica e la presenza di volti interessanti (l’estasi di fronte all’apparizione di Takeshi Kitano è inficiata solo dalla sua incredibile legnosità), è uno scult che precipita quasi in ogni frame nell’abisso del trash e del ridicolo (involontario?). Sul terrificante killer-messia interpretato da Dolph Lundgren, poi, è meglio stendere un velo pietoso e rimpiangere i tempi di Ivan Drago. Il Johnny di Reeves è un’anticipazione del Neo protagonista della saga Matrix di Lana e Lilly (ex Larry e Andy) Wachowski, che con Gibson ha diversi debiti.
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