La vita oscena
Durata
85
Formato
Regista
Andrea (Clément Métayer) è un ragazzo problematico che vive in totale solitudine, sguazzando nelle proprie smanie autodistruttive, lontano anni luce dai suoi coetanei e dal resto del mondo. Il giovane ha visto la sua famiglia venir meno e si butta a capofitto nella droga.
Renato De Maria firma un film totalmente folle e spiazzante, alieno da qualsiasi tendenza o moda del cinema italiano contemporaneo, un ufo sfacciato, supponente, volutamente irritante nei tempi e nei modi. Il che, però, non è a prescindere un merito o una medaglia da appuntarsi sul petto, né tantomeno un salvacondotto. Tratta dall'omonimo romanzo dello scrittore Aldo Nove, la pellicola è una provocazione cinematografica che nel passaggio dalla parola scritta alle immagini si depotenzia e perde ogni autenticità e carica eversiva, suscitando in maniera inevitabile risate a scena aperta e sconcerto. Una pietosa sequela di scenette "estreme" e sconnesse, nelle intenzioni acide e corrosive ma nei fatti più vicine al ridicolo involontario che a qualsiasi altro risultato oggettivo. Girato come una rapsodia esagitata, è in realtà più vicino a un interminabile e insopportabile sproloquio in forma di videoclip stomachevole e respingente. La voce narrante del protagonista è di Fausto Paravidino. Prodotto anche da Riccardo Scamarcio e presentato nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia, dove ha ricevuto un'accoglienza a dir poco controversa.
Renato De Maria firma un film totalmente folle e spiazzante, alieno da qualsiasi tendenza o moda del cinema italiano contemporaneo, un ufo sfacciato, supponente, volutamente irritante nei tempi e nei modi. Il che, però, non è a prescindere un merito o una medaglia da appuntarsi sul petto, né tantomeno un salvacondotto. Tratta dall'omonimo romanzo dello scrittore Aldo Nove, la pellicola è una provocazione cinematografica che nel passaggio dalla parola scritta alle immagini si depotenzia e perde ogni autenticità e carica eversiva, suscitando in maniera inevitabile risate a scena aperta e sconcerto. Una pietosa sequela di scenette "estreme" e sconnesse, nelle intenzioni acide e corrosive ma nei fatti più vicine al ridicolo involontario che a qualsiasi altro risultato oggettivo. Girato come una rapsodia esagitata, è in realtà più vicino a un interminabile e insopportabile sproloquio in forma di videoclip stomachevole e respingente. La voce narrante del protagonista è di Fausto Paravidino. Prodotto anche da Riccardo Scamarcio e presentato nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia, dove ha ricevuto un'accoglienza a dir poco controversa.