Jonas che avrà vent'anni nel 2000

Quattro coppie nella Svizzera degli anni ‘70 si ritrovano a orbitare attorno all’azienda agricola di Marguerite e Marcel (Dominique Labourier e Roger Jendly). Tutti insieme aspettano la nascita di Jonas, in cui riversano le speranze per il futuro. 

Film corale e utopico, Jonas che avrà vent'anni nel 2000 segna un altro importante punto nel cinema politico e poetico di Alain Tanner, che qui torna a collaborare con John Berger alla sceneggiatura. Otto personaggi, apparentemente distanti ma uniti da un comune desiderio di cambiamento, si muovono in una Svizzera post-sessantottina che fatica a conciliare i propri ideali con le inevitabili contraddizioni della realtà. L’utopia è al centro del racconto, ma mai come visione cieca o retorica: piuttosto, è un campo di tensione, una fragile possibilità da rivendicare giorno per giorno. Il film mette in scena l’incrocio di percorsi individuali che cercano di inventare un futuro diverso per sé e per il bambino che dà il titolo alla pellicola. Jonas è un nome ma anche un’idea: non solo un figlio da educare, quanto una speranzosa domanda aperta sul mondo che verrà. Il ritmo, volutamente (anche se non sempre impeccabilmente) diseguale, segue le traiettorie umane più che una trama stretta, e la coralità si traduce in una narrazione a mosaico, dove ogni frammento contribuisce a costruire una visione d’insieme tanto sfuggente quanto coerente. Alcuni passaggi possono risultare meno incisivi, e perfino gratuitamente grotteschi, ma fanno parte del gioco: la pellicola è una lettera d’amore agli anni 70 e a ciò che avrebbero potuto diventare, un film che non pretende risposte, invitando alla riflessione e al dialogo. Per via di ritardi distributivi, il titolo italiano ringiovanisce Jonas di cinque anni per mantenere attuale la proiezione anagrafica.