Lo scassinatore Zed (Eric Stoltz), reclutato dal francese Eric (Jean-Hugues Anglade), si reca a Parigi per svaligiare una banca. Dopo una notte di bagordi, la banda di criminali raggiunge il luogo della rapina ma, ovviamente, nulla andrà secondo i piani.

Prescindendo da un inutile paragone con il cinema di Tarantino (qui nei panni di produttore esecutivo), la pellicola di Roger Avary possiede indubbiamente una propria identità. Che poi tale identità sia caotica, disorganica e vorticosa appare innegabile: Killing Zoe è il ritratto nichilista e instabile di una generazione, fatto di movimenti di camera irregolari e improvvisi scoppi di violenza, verace nei suoi sanguinamenti e nella sua crudeltà. La narrazione procede secondo tempi imprevedibili, senza che nessun metronomo possa scandirne il ritmo, riflesso di uno spirito artistico sovversivo che sfiora vette di inaspettato lirismo. Visivamente disturbante e quasi allucinogeno nella sua ossessività, oltre scorretto ed esasperante, il film si fa carico di una complessità non indifferente, sbagliando molto ma colpendo anche spesso nel segno. La sceneggiatura dello stesso Avary concede qualche risata amara e le musiche trance del gruppo tomaandandy appaiono funzionali.
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