L'assassino... è al telefono
Durata
105
Formato
Regista
In aeroporto, l’attrice teatrale Eleonor (Anne Heywood) incrocia lo sguardo di un uomo (Telly Savalas) e sviene, perdendo la memoria. Il fulcro della sua amnesia sembra essere il trauma dovuto alla morte dell’ex fidanzato. Nonostante la confusione e i pericoli, la donna cerca di risolvere il mistero.
Un pasticciaccio. Si potrebbe riassumere così un film che a partire dal titolo (completamente estraneo alla trama e scelto puramente come acchiappa-pubblico) dimostra di non sapere quali pesci pigliare. L’alternarsi di flashback e visioni è gestito in maniera dilettantesca, creando, nonostante i didascalici dialoghi, una confusione narrativa e visiva che ben presto arriva a scocciare. Montaggio e scrittura infatti non riescono a collaborare, rendendo inutilmente complessa una trama al limite del banale, che raggiunge l’apice del ridicolo con il disvelamento del motivo dietro ai crimini, talmente gratuito da sembrare parodico. La pessima sceneggiatura non risparmia neanche i grandi classici del teatro, mettendo in scena una risibile versione moderna del Macbeth che vorrebbe presentarsi come ulteriore parte di questa struttura a scatole cinesi che il film cerca di propinare a tutti i costi. Sebbene non brutte, le musiche di Stelvio Cipriani risultano ben poco funzionali: onnipresenti, finiscono anch’esse per essere ridondanti e stancare lo spettatore. La fotografia è di Joe D’Amato, che diventerà tra i massimi esponenti del cinema di genere di serie B in Italia. L’assassino è interpretato da Savalas, che dall’anno successivo all’uscita del film indosserà i panni che l’anno reso famoso internazionalmente: quelli del tenente Kojak. Anonimi e senza polso tutti gli altri interpreti.