New York, una teenager messicana (Anna Díaz) cerca disperatamente di raggiungere un indirizzo riportato su un foglio di carta sgualcito. È tutto quello che ha ed è tutto ciò a cui affida le sue speranze di trovare un lavoro. La destinazione è The Grill, ristorante che propone piatti di cucine dalle provenienze più disparate e dove, grazie a una referenza azzeccata, riuscirà a mettersi alla prova, seppur priva dell'età minima e dei documenti necessari per lavorare legalmente.


Da una storia individuale, raccontata nei primi minuti, questo film di Alonso Ruizpalacios diventa però molto presto una pellicola corale: parallelamente alla comparsa di questa ragazzina, infatti, esplode un'indagine interna per scovare chi abbia rubato 800 dollari dal registro di cassa; parte così un dramma concitato che mostra benissimo il delirio di lavorare in una cucina super affollata, composta da chef iracondi, cameriere esaurite e manager dal pugno di ferro. Aragoste a Manhattan è sì un agglomerato di preparazioni dai diversi angoli del mondo, ma ancor più un crocevia etnico di lavoratori assoggettati ad un'occupazione sfiancante quanto ripetitiva. La regia di Alonso Ruizpalacios, che già aveva mostrato il suo talento in Güeros (2014) e Museo (2018), risulta efficace nel mettere in luce tutte le falle di un sistema capitalistico deumanizzante, già ampiamente mostrato in capolavori del passato come Tempi Moderni e Metropolis – ed è proprio da quest'ultimo che ne prende gli spazi angusti, i corridoi tetri e il concetto di lavoro svilente al limite dello schiavismo. L'uso del bianco e nero risulta notevole, accompagnato da piani sequenza al cardiopalma capaci di restituire tutto lo schiacciamento tipico evocato da una situazione ai limiti della schiavitù e della claustrofobia. Stonano però alcuni manierismi, risultando un po' pacchiani (l’inizio e il finale, così come i momenti colorati, in primis) e il lascito emotivo dato dal personaggio di Rooney Mara che, nonostante la buona performance, non riesce a regalare un’impronta decisa allo spettatore. Presentato in concorso alla Berlinale, il film è tratto dalla celebre commedia teatrale di Arnold Wesker. 

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