
Le tre corone del marinaio
Les trois couronnes du matelot
Durata
117
Formato
Regista
Un marinaio (Jean-Bernard Guillard), preda di un'inquietudine notturna, racconta a un perfetto sconosciuto alcune delle sue perizie in giro per il globo. Il suo interlocutore è uno studente polacco (Philippe Deplanche), giovane e con molta meno esperienza del suo navigato affabulatore.
Un'opera caleidoscopica e ancora una volta ricchissima, quella del cileno trapiantato in Francia Raúl Ruiz, un racconto iper-testo che dimostra per l'ennesima volta la natura cangiante e sfuggente di un cinema a misura di flusso di coscienza, generoso sotto qualsiasi punto di vista. Un esperimento al cubo che rilancia di continuo la propria natura di narrazione orale, la quale, esattamente come ogni racconto non scritto, non può non aprirsi a continue revisioni e modifiche, a cambiamenti repentini e a dettagli che si vanno ad aggiungere accostandosi gli uni accanto agli altri. Un ibrido citazionista che però, col passare dei minuti, tradisce fin troppo la propria natura estrema e il proprio tracciato sperimentale, rinnegando l'intrattenimento, anche il più colto e impegnativo, per rintanarsi nei margini angusti di un autorialità fioca e, a tratti, priva del giusto respiro. Rimane, comunque, una pellicola di meravigliose accensioni, tra sequenze fascinose e passaggi barocchi.
Un'opera caleidoscopica e ancora una volta ricchissima, quella del cileno trapiantato in Francia Raúl Ruiz, un racconto iper-testo che dimostra per l'ennesima volta la natura cangiante e sfuggente di un cinema a misura di flusso di coscienza, generoso sotto qualsiasi punto di vista. Un esperimento al cubo che rilancia di continuo la propria natura di narrazione orale, la quale, esattamente come ogni racconto non scritto, non può non aprirsi a continue revisioni e modifiche, a cambiamenti repentini e a dettagli che si vanno ad aggiungere accostandosi gli uni accanto agli altri. Un ibrido citazionista che però, col passare dei minuti, tradisce fin troppo la propria natura estrema e il proprio tracciato sperimentale, rinnegando l'intrattenimento, anche il più colto e impegnativo, per rintanarsi nei margini angusti di un autorialità fioca e, a tratti, priva del giusto respiro. Rimane, comunque, una pellicola di meravigliose accensioni, tra sequenze fascinose e passaggi barocchi.