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Il leone d'inverno
The Lion in Winter
Premi Principali
Oscar alla miglior attrice protagonista 1969
Golden Globe al miglior attore in un film drammatico 1969
Durata
134
Formato
Regista
Nella notte di Natale del 1183 si consuma la lotta tra il Re d'Inghilterra Enrico Il Plantageneto (Peter O'Toole), la moglie Eleonora d'Aquitania (Katharine Hepburn) e i tre figli Riccardo (Anthony Hopkins), Giovanni (Nigel Terry) e Goffredo (John Castle): la contesa si gioca su quale dei tre rampolli erediterà il trono.
Straordinaria, cupissima e allo stesso tempo sardonicamente divertente tragedia familiare, che unisce la chiara impostazione da dramma storico di stampo shakespeariano alla ferocia dei dialoghi della miglior commedia sofisticata e a una crudelissima (e allo stesso tempo di estrema tenerezza) storia d'amore. Il celebre montatore Anthony Harvey, al suo esordio dietro la macchina da presa, vola davvero alto, peccando solo per l'eccessiva impostazione teatrale di fondo. I protagonisti, in particolare gli “anziani” Enrico ed Eleonora, vivono l'amara consapevolezza di essere burattini in mano alle esigenze della Storia, obbligati a certe scelte, a combattersi continuamente e a far finta di odiarsi. I dialoghi sfiorano la perfezione, per il loro cinismo e per l'incredibile capacità di passare, nel giro di una battuta, dall'odio più feroce alla tenerezza più dolce, perfetto riassunto delle interiorità combattute e divise dei personaggi e dei loro rapporti costretti alla continua finzione. Grande cura delle ambientazioni, che rimandano a un Medioevo elegante e cupo, più romanico che gotico e ben poco romantico. Interpreti in stato di grazia: bravi i tre figli, strepitoso Peter O'Toole e da antologia Katharine Hepburn, vincitrice di un Oscar come miglior attrice protagonista. Altre due statuette, a James Goldman per la sceneggiatura non originale e a John Barry per la colonna sonora.
Straordinaria, cupissima e allo stesso tempo sardonicamente divertente tragedia familiare, che unisce la chiara impostazione da dramma storico di stampo shakespeariano alla ferocia dei dialoghi della miglior commedia sofisticata e a una crudelissima (e allo stesso tempo di estrema tenerezza) storia d'amore. Il celebre montatore Anthony Harvey, al suo esordio dietro la macchina da presa, vola davvero alto, peccando solo per l'eccessiva impostazione teatrale di fondo. I protagonisti, in particolare gli “anziani” Enrico ed Eleonora, vivono l'amara consapevolezza di essere burattini in mano alle esigenze della Storia, obbligati a certe scelte, a combattersi continuamente e a far finta di odiarsi. I dialoghi sfiorano la perfezione, per il loro cinismo e per l'incredibile capacità di passare, nel giro di una battuta, dall'odio più feroce alla tenerezza più dolce, perfetto riassunto delle interiorità combattute e divise dei personaggi e dei loro rapporti costretti alla continua finzione. Grande cura delle ambientazioni, che rimandano a un Medioevo elegante e cupo, più romanico che gotico e ben poco romantico. Interpreti in stato di grazia: bravi i tre figli, strepitoso Peter O'Toole e da antologia Katharine Hepburn, vincitrice di un Oscar come miglior attrice protagonista. Altre due statuette, a James Goldman per la sceneggiatura non originale e a John Barry per la colonna sonora.
