Un tipo che mi piace

Sul set di un film americano, l'attrice protagonista (Annie Girardot) e l'autore della colonna sonora (Jean-Paul Belmondo), entrambi francesi, si innamorano, ma sono entrambi sposati. Finirà male.

Un tipo che mi piace, titolo ingiusto che per una volta non deriva dalla traduzione sfortunata ma dall'originale Un homme qui me plaît, non è semplicemente una fuga d'amore dei due amanti Jean-Paul Belmondo e Annie Girardot, spiriti liberi imprigionati dalla “finzione” del cinema che li circonda, nel lavoro e in famiglia; è un tentativo (non del tutto riuscito) di disvelare il mezzo cinematografico, di scomporlo per capire dove inizia e dove finisce l'illusione, dal punto di vista che Claude Lelouch conosce forse meglio, quello di una coppia. Non solo il regista mette in scena un film nel film, ma in qualche modo tenta anche un'autocritica al proprio cinema: così i dialoghi rarefatti di Un uomo, una donna (1966) divengono qui molto più schietti e onesti, mentre in studio di registrazione Belmondo fa notare come la musica enfatizzi smisuratamente il girato, proprio come accade nel cult di Lelouch con il brano tormentone di Francis Lai. Oscillazioni continue tra diegetico ed extradiegetico e, infine, il brusco risveglio: dall'America, terra dei sogni cinematografici, bisogna tornare nell'Europa realista per affrontare la realtà. Godibile e a interessante, ma decisamente troppo compiaciuto e concettuale per convincere davvero: la sensazione dominante è quella di un'occasione sprecata. Scritto da Claude Pinoteau e Pierre Uytterhoeven.