Una buffa ed eccentrica compagnia teatrale itinerante viaggia per portare il proprio spettacolo in scena di città in città. Gli equilibri interni e le dinamiche famigliari che legano gli artisti sono però molto fragili: il ritorno di un vecchia fiamma all'interno dello show riaprirà antiche ferite.



Giunta al suo secondo lungometraggio, Léa Fehner si cimenta in una sfida complessa e ambiziosa, che non riesce a vincere del tutto pur dimostrando talento e coraggio da vendere. Les ogres si nutre infatti di una regia avvolgente e solida sin dalla prima sequenza: l'autrice immerge del tutto lo spettatore all'interno di un vortice forsennato e colorato, un continuo girovagare che dovrebbe metaforicamente restituire la frenesia della vita. Se nella prima parte l'opera funziona e convince appieno, è proprio con il trascorrere dei minuti che dimostra le sue debolezze più evidenti: a causa di un minutaggio eccessivo e ingiustificato, l'insieme perde sempre più di mordente, diventando ripetitivo e stucchevole. Le dinamiche di crisi interne alla compagnia iniziano ad assomigliarsi schematicamente e, in alcuni momenti, il film spinge troppo sulle corde emotive e viscerali dei suoi personaggi, tanto da renderli piatti e bidimensionali. Ci si può accontentare, ma si poteva comunque fare di meglio.
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