Liborio
Liborio
Durata
99
Formato
Regista
In epoca coloniale, Liborio (Vicente Santos), un campesino della Repubblica Dominicana, viene disperso durante un uragano. Creduto morto, trova invece rifugio in una grotta, dove ha una rivelazione. Tornato nella comunità, comincia a praticare guarigioni miracolose e in breve tempo conquista diversi seguaci. Tuttavia, con l’arrivo delle truppe americane, desiderose di imporre ordine e disciplina nella regione, il gruppo di discepoli riuniti attorno al mistico eroe afro-domenicano vedrà la sua fine.
Regista, sceneggiatore, montatore e produttore di origine dominicana, Nino Martínez Sosa fa con Liborio il suo esordio alla regia nel lungometraggio, regalandoci un’affascinante miscela di crudo realismo e superstizione, tribalismo e colonialismo, cristianesimo ed animismo. Tutti questi elementi disegnano la drammatica parabola di Liborio, il predicatore, il padre comunitario, il messia di questo racconto. Attraverso uno stile di ripresa essenziale e realistico, quasi documentario, dove la macchina a spalla segue il sempre più disperato peregrinare dei protagonisti tra le fronde della vegetazione, Martinez Sosa mette in scena, attraverso la triste parabola esistenziale del protagonista e della sua comunità, il dramma di numerosi altri gruppi etnici e culturali provenienti dalle terre del Sud America, dove superstizione, colonialismo, violenza e sfruttamento del territorio sono esplosi con tutta la loro forza nel corso di quei decenni. Il film, in scia con le suggestioni del cinema underground di guerriglia e con quello postcolonialista, parla anche e molto di questo, ma non solo: tramite il predicare del guaritore domenicano, infatti, il racconto affronta numerose tematiche delicate ed estremamente intime, come la perdita, la ricerca fisica e spirituale, l'esperienza del lutto, la fede, la paura. Un ritratto umano di anime consegnate in pasto alla modernità, a quell’evento storico che segnò, e segna ancora oggi, uno dei più grandi soprusi compiuti dall’Occidente.
Regista, sceneggiatore, montatore e produttore di origine dominicana, Nino Martínez Sosa fa con Liborio il suo esordio alla regia nel lungometraggio, regalandoci un’affascinante miscela di crudo realismo e superstizione, tribalismo e colonialismo, cristianesimo ed animismo. Tutti questi elementi disegnano la drammatica parabola di Liborio, il predicatore, il padre comunitario, il messia di questo racconto. Attraverso uno stile di ripresa essenziale e realistico, quasi documentario, dove la macchina a spalla segue il sempre più disperato peregrinare dei protagonisti tra le fronde della vegetazione, Martinez Sosa mette in scena, attraverso la triste parabola esistenziale del protagonista e della sua comunità, il dramma di numerosi altri gruppi etnici e culturali provenienti dalle terre del Sud America, dove superstizione, colonialismo, violenza e sfruttamento del territorio sono esplosi con tutta la loro forza nel corso di quei decenni. Il film, in scia con le suggestioni del cinema underground di guerriglia e con quello postcolonialista, parla anche e molto di questo, ma non solo: tramite il predicare del guaritore domenicano, infatti, il racconto affronta numerose tematiche delicate ed estremamente intime, come la perdita, la ricerca fisica e spirituale, l'esperienza del lutto, la fede, la paura. Un ritratto umano di anime consegnate in pasto alla modernità, a quell’evento storico che segnò, e segna ancora oggi, uno dei più grandi soprusi compiuti dall’Occidente.